Per le badanti e i datori di lavoro, quelle che hanno chiesto la regolarizzazione, bisognerà attendere ancora per sapere se la domanda è stata accettata. Un percorso che lungo, minimo sei mesi, per avere una risposta e infine i documenti in regola. Le adesioni al provvedimento di “riemersione”, hanno deluso le aspettative, e complessivamente sono state molto al di sotto delle aspettative.
A chiedere la regolarizzazione in tutti i settori – quindi non solo come aiuto e lavoro domestico di sostegno alle persone anziane o malate o in difficoltà fisiche -, circa 200 mila famiglie e imprese. A conti fatti un terzo della platea a cui il provvedimento era rivolto. È deludente quindi il calcolo della procedura di emersione dei rapporti di lavoro in nero nell’agricoltura, pesca e lavoro domestico. Delle 207.542 domande pervenute al Viminale ben l’85 per cento riguarda il lavoro domestico e assistenza alla persona, solo il 15 per cento l’emersione di rapporti di lavoro subordinato negli altri settori.
La Lombardia è la regione da cui sono state inviate il maggior numero di richieste per il settore del lavoro domestico e di assistenza alla persona (47.357).
Rispetto al paese di provenienza del lavoratore, ai primi posti risultano l’Ucraina, il Bangladesh e il Pakistan per il lavoro domestico e di assistenza alla persona; l’Albania, il Marocco e l’India per il lavoro subordinato.
Mentre al primo posto per il lavoro subordinato si trova la Campania (6.962). A livello provinciale ai primi tre posti ci sono Milano (22.122), Napoli (19.239) e Roma (17.318) per le domande per l’emersione del lavoro domestico, Caserta (2.904), Ragusa (2.005) e Latina (1.897), province in cui in questo periodo è più forte l’impiego di manodopera straniera nei campi, per l’emersione del lavoro subordinato. Per quanto riguarda invece le richieste di permesso di soggiorno temporaneo presentate agli sportelli postali da cittadini stranieri il totale ammonta a 12.986. I dati conclusivi mostrano, a livello provinciale, nelle prime tre posizioni nell’invio di questa tipologia di domande,Verona (675), Cuneo (466) e Cosenza (423), seguite da Milano (406).
La corsa alla domanda di regolarizzazione è stata considerata un flop per i troppi e sfavorevoli impedimenti burocratici e per i costi che famiglia e imprese devono sostenere. Le aziende che regolarizzano braccianti, colf, badanti impiegati “in nero” hanno dovuto versare un contributo forfettario di 500 euro per ciascun lavoratore. È stato inoltre previsto il pagamento di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, la cui determinazione e le relative modalità di acquisizione saranno stabilite con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, con il Ministro dell’interno ed il Ministro delle politiche agricole e forestali. Naturalmente, in attesa del decreto, il datore di lavoro non potrà valutare il costo complessivo della procedura di regolarizzazione. Insomma un percorso difficile e non certo che agevola famiglie e imprese.