lunedì, 23 Dicembre, 2024
Il Cittadino

L’editto di Ferragosto

Il Ferragosto tradizionalmente segna lo spartiacque delle nostre estati.

Fino al Ferragosto si è psicologicamente proiettati festosamente nel clima vacanziero, ci sembra che l’unica ragione di vita sia l’organizzazione del tempo libero e del divertimento o – alle latitudini in cui trascorro normalmente il mese agostano – l’impegno (al quale ormai partecipano anche gli uomini) per la preparazione di banchetti, oggi limitati nel numero dei partecipanti, ma non delle calorie e dell’abuso di olio (preciso “evo” per mostrare il livello di evoluzione gastronomica delle melanzane ripiene bifritte).

Dopo il Ferragosto si ha un crollo verticale dell’adrenalina: ci si intristisce e si ritorna a pensare al quotidiano. Anche i vacanzieri tardivi di settembre, per quanto elitari, sono soggetti in fondo malinconici.

Ciò che era una percezione inconscia, comincio a sospettare che abbia, invece, un forte fondamento scientifico: e che, tale caduta di entusiasmo, venga così sfruttata abilmente da chi ci governa, per prepararci a qualche pillola indigesta, se non addirittura a qualche sgradita supposta.

È una storia che si ripete: non mi scomodo a cercare precedenti da indicare, ma ho pieni – come credo anche i miei quaranta lettori – gli occhi e le orecchie di titoli di giornali e di servizi di TG che, tra fine agosto e primi di settembre, celebrano il “ritorno” alla vita normale, annunciando aumenti, restrizioni e novità sempre a svantaggio dei cittadini.

Così accade in maniera molto evidente e – se mi è consentito l’azzardo – molto “manipolativa” in questo primo Ferragosto post (speriamo) Covid 19.

Evidentemente chi ci governa si è reso conto di non potere procrastinare le misure coercitive, prima dell’epidemia destinate soltanto ai criminali e qualche volta – troppe per chi non è un giustizialista – comminate anche a persone che non le meritavano.

Così, da un certo momento in poi, il potere ha dato l’illusione di volere ripristinare la libertà e gli altri diritti delle persone, sospese per ragioni sanitarie, aprendo cautamente ad alcune azioni: ho così potuto rivedere due dei miei tre figli (l’altro è pericolosamente in America per lavoro), son potuto tornare – registrandomi, però – al mio paese natìo e alla mia “seconda” casa. Addirittura, durante l’estate ho potuto incontrare altri parenti ed amici e con alcuni di essi stare a cena. Del tutto liberamente, credetemi (ma dando al ristoratore le generalità come se fosse un poliziotto). Al mare ho goduto di mezzo metro di distanza in più dagli ombrelloni che mi stanno a destra e sinistra, sempre le stesse famiglie, da decenni. La mascherina in tasca, da usare solo per entrare in un negozio.

I giovani osservati con sguardo severo, da lontano beninteso, per quel loro assembrarsi – un po’ come soggetti sovversivi durante il ventennio fascista – alle entrate delle rare discoteche o nei luoghi, vivi, vivissimi, dei loro incontri.

(E senza ipocrisia, nel mio inarcare il sopracciglio in senso di disapprovazione per la loro imprudenza, dico senza ipocrisia che darei qualsiasi cosa per potermi comportare come loro: più che la paura del contagio, mi ferma quella del ridicolo).

Addirittura mi ero così rilassato da indurmi a scrivere un pezzo scherzoso ed ironico, per un seguitissimo settimanale locale della Locride, “La Riviera”, prendendo in giro l’acceso campanilismo tra le città gemelle di Locri e di Siderno.

Improvvisamente, quando stavo pensando – anche in virtù di qualche decisione giurisdizionale di attenzione ai diritti costituzionali (ne parleremo presto) – di poter cominciare a ritenermi nuovamente cittadino e non suddito, ecco una decretazione ferragostana, basata sui soliti (incontrollabili) dati sul Covid-19. Indubbiamente bassi, anche nella tendenza al rialzo, evidenziata con chiare finalità.

Da qui una nuova serie di dpcm, di delibere dei Presidenti di Regione, di enti locali: tutti restrittivi, tutti paternalistici, tutti limitativi dei diritti, ma per il nostro bene.

Provvedimenti che non commento, ma che nel loro insieme fanno un unico solo Editto di Ferragosto: è finita la ricreazione; cari italiani per il vostro bene accettate un altro inverno senza diritti; rinunciando ad essi potremo dare una parvenza di scuola, di giustizia, di servizi: ciò che, se pretendete di non essere sudditi, non vi potrà essere garantito; ed i bambini ed i giovani è bene che sappiano, fin dai banchi con le ruote, che la libertà non è un diritto dell’uomo, ma un dono temporale del governo. Hai visto mai che possano pensare di avere Diritti da far valere anche contro chi comanda? In fondo per ambire all’immunità di gregge, serve prima di tutto un gregge.

Buon Ferragosto a tutti e, soprattutto, auguri per l’autunno.

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