Nicola Porro è uno dei più grandi giornalisti italiani, e non c’è da stupirsi che sia stato lui a produrre ieri-a quattro mani con Piero Sansonetti-lo scoop dell’anno: l’audio con cui il relatore della condanna di Berlusconi confessa il proprio disagio per ‘una condanna calata dall’alto su un collegio che fu un plotone di esecuzione’.
L’audio di Porro riscrive una pagina importante della nostra storia recente: sette anni fa una condanna emessa dalla sezione feriale della Cassazione sospinse Silvio Berlusconi fuori dal parlamento a pochi mesi dall’ultima sua miracolosa rimonta elettorale nelle elezioni politiche del 2013.Tutto ciò che è seguito discende da quella sentenza, compresa l’ascesa delle destre sovraniste nella metà campo un tempo egemonizzata da Forza Italia.
Adesso è difficile riparare: nessuno restituirà a Silvio Berlusconi questi anni rubati, ma il suo sacrificio potrà rimettere in partita la squadra del garantismo e della giustizia giusta: il caso Palamara ha snudato le debolezze del sistema, ma lo scoop di Porro ci dimostra proprio che la giustizia italiana interpreta un ruolo palesemente politico, forzando norme e avvenimenti stessi a misura delle convenienze.
Berlusconi è il primo a non coltivare disegni di rivincita. Ma ha il diritto e il dovere, nell’interesse degli italiani, di porre la questione giustizia al primo punto di qualsiasi programma di governo prossimo venturo.
Come diceva C.S. Lewis: non si può tornare indietro e cambiare l’inizio, ma solo andare avanti e cambiare la fine.