Quando non si ha alle spalle una storia politica vera e non si proviene dalle fila di un Partito strutturato nel tempo è impossibile pretendere di governare un Paese.
Era già successo ad un altro professore, suo predecessore di qualche anno fa: il prof. Mario Monti, che se non fosse stato nominato (e quello a nostro avviso era il prezzo dell’incarico) senatore a vita, sarebbe completamente sparito dalla scena politica.
Il Professor Giuseppe Conte, che non possiamo chiamare Onorevole perché non è stato eletto da nessuno, è stato estratto dal cilindro nelle nomine grilline e poteva andare bene fino a quando i due leader dell’allora maggioranza lo seguivano passo nelle azioni e lo guidavano sui loro programmi.
Presto però, come spesso accade, l’allievo pensa di aver superato i Maestri e si vuole mettere in proprio. Ma qui non si tratta di gestire una materia, una disciplina scientifica, una piccola arte: si tratta di gestire una Nazione del calibro dell’Italia, che pur con tutti i suoi problemi ha comunque dettato cultura al mondo intero.
L’avvocato Conte si è anche trovato, con la sua inesperienza politica a gestire un’emergenza che avrebbe fatto tremare i polsi anche al più esperto dei politici italiani. E invece di andare a cercare soluzioni con chi politica la fa sul territorio vero da molti anni, e che rappresenta innegabilmente una grande parte della popolazione, pur stando all’opposizione, ha preferito circondarsi e far accerchiare l’Italia da centinaia di esperti che di politica avevano solo sentito parlare. Lasciamo stare i super medici, che qualche dubbio ci hanno comunque fatto venire, ma il resto non doveva essere proprio aggregato al governo.
Grande debolezza e altrettanta grande presunzione politica da parte dell’avvocato. Debolezza perché se ha bisogno di tanto supporto significa che ha poche idee e grande presunzione perché pensa comunque di risolvere tutto da solo. Non è una critica ma solo una piccola modesta considerazione esclusivamente politica e non personale.
Ha seguitato, il premier, a disprezzare le opposizioni parlamentari senza rendersi conto che esse rappresentano una buona parte (ora forse anche la maggioranza) della popolazione che deve governare.
Si è fatto forte delle aggressioni che i benpensanti del bel Paese facevano continuamente a Matteo Salvini, a Giorgia Meloni e a Berlusconi ed ha ritenuto di poter governare con la retorica che aveva tirato fuori (inaspettatamente) quando alla Camera dei deputati il suo alleato di allora si era “quasi sfilato” e lo invitava a prendere decisioni politiche più condivise. Aveva avuto molto rispetto da Salvini, allora, molto di più di quello che ha dal PD adesso.
Ora sta restando, anzi è restato, da solo, perché i cinque stelle lo stanno seguitando a sopportare perché è una loro individuazione cilindrica, e il cespuglio di sinistra, che ha già anticipato un autunno politico burrascoso, non può più sostenerlo perché si sta rendendo sempre più conto che le esternazioni di quello che avevano accettato (diremmo imposto senza discussione alcuna) essere il Presidente del Consiglio, non hanno un valore politico concreto e a loro aderente.
La sinistra, quella vera di una volta che dall’opposizione riusciva a contenere i diversi fuoristrada dei governi, non si è ancora ripresa dal suo grande rottamatore senatore Matteo Renzi che, ancora oggi è il vero timoniere di un luogo politico martoriato: è lui che ha promosso e voluto questo governo ed è lui che lo sta sostenendo, a singhiozzi e sorrisi. Uno scrocchio di dita e vanno tutti a casa.
È rimasto da solo caro Premier Conte, se ne faccia una ragione, lo stanno facendo sopravvivere per portarlo ad una rottamazione dalla quale non potrà più risorgere. Ed anche se lei già dice che tornerà al suo lavoro di docente e di avvocato non può permettersi di uscire senza dignità da questa parentesi della sua vita.
Si sfili prima che sia troppo tardi e prima che avrà tutti contro.