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Intelligenza artificiale e Pubblica amministrazione: sfida di innovazione o collasso ?

martedì, 30 Dicembre 2025
6 minuti di lettura

Nell’ottica di una nuova distribuzione della tecnologia in senso globalizzato con una percezione completamente diversa dell’innovazione in senso generale, culturale, scientifica inerente alla trasformazione dei servizi pubblici e lo snellimento dei processi, l’Italia sta sperimentando una fase molto impegnativa. Ci troviamo nel pieno di una nuova rivoluzione industriale, dove la digitalizzazione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sta trasformando la società, il mercato e soprattutto il mondo del lavoro. Possiamo condividere la nostra quotidianità, ma dovremmo fare attenzione a non minare il cosiddetto processo di creatività che lentamente le macchine potrebbero sostituire. Il processo di informatizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana è coerentemente uniformato a quello europeo nella mission che l’utilizzo di strumenti informatici possa migliorare i parametri di efficienza, velocità, efficacia e qualità dei servizi erogati. L’Agenda digitale europea è uno dei 7 pilastri della Strategia” Europa 2020” che ha indicato gli obiettivi di sviluppo e crescita dell’Unione Europea, nell’intento di innovare la capacità sensibile dei cittadini europei amplificando i criteri di gestione e potenziamento del mercato unico digitale.

Proprio nel quadro della Agenda digitale europea, l’Italia ha delineato la propria strategia di programmazione; l’Agenda digitale con il PNRR concretizza a livello di risorse in quanto finanziato con i fondi del programma europeo Next Generation Europe, il disegno sulla digitalizzazione. Un dispiego di risorse di circa 190 miliardi totali generati dalla lotta alla pandemia. Appare curiosa e instabile la strategia che l’Europa in quanto apparato burocratico e l’Italia hanno delineato: Il covid ha generato un processo di velocizzazione di quei parametri che in Italia erano rimasti fermi al codice dell’amministrazione digitale e che ancora oggi appaiono mancanti e incompiuti.

Nell’esaminare la situazione della nostra pubblica amministrazione, l’Italia dovrà rendere più efficienti i propri processi amministrativi e migliorare la qualità dei servizi offerti ai cittadini attraverso l’impiego di tecnologie di Intelligenza Artificiale: si dovranno acquisire nuovi sistemi , operare nella progettazione di nuove applicazioni specifiche per le proprie esigenze, facendo uno sforzo di investimenti e formazione per supplire velocemente alla carenza di competenze professionali dedicate. Le tecnologie dovranno identificare obiettivi mirati nell’ottica di automatizzare ed efficientare i processi, supportare la pianificazione strategica della sicurezza delle persone, anche in relazione agli aspetti che interessano strategicamente il settore della difesa e la cyber security nazionale. Le risorse pubbliche saranno dispiegate a garantire la realizzazione di infrastrutture informatiche sicure che siano sviluppate da soggetti altamente qualificati anche attraverso piattaforme nazionali che assicurino la massima sicurezza ed efficienza delle tecnologie impiegate.

La sfida sarà quella di acquisire figure specializzate e adeguatamente retribuite con una specifica responsabilità per ciascuna amministrazione. Non meno importante la formazione, la partecipazione del personale e la realizzazione di servizi al cittadino che favoriscano la partecipazione e il coinvolgimento, garantendo la privacy e l’etica dei processi. La sfida dell’Italia sarà quella di saper garantire la neutralità tecnologica di software e piattaforme. Con il PNNR la Strategia Italia digitale 2026 concentrata sullo sviluppo delle infrastrutture digitali, sulla connettività a banda ultra-larga, sulla diffusione su larga scala dell’identità digitale, oltreché sulla riduzione del divario di competenze digitali e la crescita dei servizi digitali on-line, è entrata nel vivo della sua linea operativa.

Le stime del 2018 del World Economic Forum ci hanno dato un quadro preciso per quel riguarda le ore lavorate dalle persone, pari al 71 per cento mentre quelle considerate attribuibili alle macchine si attestano al 29 per cento. Il futuro sarà completamente diverso, poiché studi di settore delineano uno scenario del 52 per cento di produttività robotica; la situazione in generale si sta spostando verso un mondo in cui le infrastrutture faranno leva su internet ad altissima velocità, il cloud, l’intelligenza artificiale e l’analisi dei Big Data.

Gli economisti si interrogano sull’impatto di tale situazione sulla inevitabile disoccupazione tecnologica, dove le macchine sostituiranno i lavoratori. Tra gli economisti più fiduciosi ci sono quelli che vedono il fenomeno ciclico, simile alle dinamiche del passato riguardo la modernizzazione e le varie rivoluzioni industriali: il sistema ha la capacità di assorbire e far ripartire l’occupazione; ci saranno mestieri che finiranno il loro ciclo storico, ma proporzionalmente altri lavori compariranno con mansioni più sofisticate tecnologicamente.

L’indotto creato dalla crescita economica moltiplicherà altri mestieri tradizionali e aumenterà i profitti: sostituzione di alcuni lavori da parte della tecnologia con riduzione dei salari e creazione di altre figure specializzate con un rialzo inevitabile dei salari. In poche parole, ci sarà un effetto di compensazione basato sulla combinazione tra domanda e offerta; il livello elevato dei vari settori si riverbererà sul livello occupazionale; quanto evidenziato nell’“O-ring Theory of Economic development” di Michael Kremer potrebbe essere il modello economico da seguire, dove le imprese generano nuovi prodotti, acquisendo talenti e sviluppando qualità e innovazione.

Una parte degli economisti, considera il fenomeno della sostituzione tecnologica molto più complesso e non riconducibile similarmente alle altre rivoluzioni industriali. Autori come, Levy e Murnane, nel 2003 descrivevano uno scenario in cui il lavoro sarebbe stato sostituito dalle macchine soprattutto in compiti di routine e che appartengono come livello salariale, alla classe media. Si è notato comunque che per alcuni processi lavorativi poco costosi, la sostituzione tecnologica non sarebbe un vantaggio.

L’Italia e la sfida della modernizzazione delle sue strutture pubblica con l’Intelligenza Artificiale può accelerare la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, per il suo potenziale che può esprimere sia in termini di strumenti atti a rendere più efficienti le attività interne, sia in termini di servizi più vicini alle esigenze dei cittadini. Negli ultimi anni, diverse iniziative settoriali hanno iniziato a portare l’IA nella PA. Occorre saper generare un sistema che supporti tutti gli elementi che contribuiscono a un funzionamento efficace della PA; sarà fondamentale evitare la divisione delle soluzioni: si ha l’obbligo di sviluppare alcune specifiche iniziative progettuali di interesse nazionale ossia nuovi processi di azione e interazione della pubblica amministrazione su larga scala e ridefinire i contorni nell’ambito dei quali i singoli enti e le singole amministrazioni potranno operare in autonomia le proprie scelte di innovazione al fine di realizzare e mettere in opera soluzioni e applicazioni di IA che siano interoperabili e garantiscano precisi standard funzionali.

Analizzando il rapporto di ricerca svolto da FPA sull’evoluzione del pubblico impiego possiamo renderci conto dell’impatto che l’innovazione e più propriamente dell’Intelligenza artificiale può produrre soprattutto in termini di complementarità e sostituzione tra algoritmi e attività svolte. Negli ultimi 15 anni, infatti, la trasformazione è stata dettata non da una programmazione o visione d’insieme delle prospettive legate all’avanzamento della tecnologia. L’intelligenza artificiale si configura quindi come una terza ondata di fenomeni che hanno caratterizzato il passato. La prima ondata è conseguenza delle dinamiche di disinvestimento della pubblica amministrazione, iniziate nel 2007 con la spending review adottate dall’Italia nella XV legislatura, conseguente dell’imposizione europea per la ristrutturazione dei bilanci nazionali.

La razionalizzazione della spesa ha comportato una diminuzione dei dipendenti pubblici con la conseguenza di un indebolimento di competenze. La seconda ondata è incentrata sulla pandemia Covid-19 e dall’accelerazione dei processi innovativi legati all’emergenza sanitaria. Una spinta decisiva per l’adozione di soluzioni digitali per l’accesso ai servizi pubblici e alla flessibilità lavorativa per una società eco sostenibile. L’intelligenza artificiale ultimo processo di un riscatto di modernizzazione deve quindi arricchire e non sostituire il lavoro dell’uomo, con dinamiche di collaborazione e sinergia.

Dall’analisi si evince che le professioni con alta specializzazione, direttivi, dirigenti, professionisti rimangono affascinati dal coinvolgimento dell’intelligenza artificiale, mentre le professioni meno specializzate, abituate ad un lavoro di routine, rimangono spaventate dal potere sostitutivo di tale acquisizione tecnologica.

Le due ondate descritte e l’avvento della generazione “AI” hanno un filo conduttore che è il non secondario tema delle esternalizzazioni ossia l’affidamento di servizi di consulenza da parte delle pubbliche amministrazioni a società non incardinate nel tessuto burocratico interno.

Sarà una sfida far incontrare il leviatano della pubblica amministrazione con la deviazione inevitabile del coinvolgimento delle società private.

Le potenzialità di Elon Musk, Besos, sono sotto gli occhi di tutti :inarrivabili, ma una sana cultura di costruzione del nostro potenziale giovane, per apprendimento, sviluppo e capacità naturale dovrà essere messo in primo piano. Il futuro sarà nelle mani degli investitori, e lo Stato dovrà in qualche maniera operare in modo keynesiano, per non rimanere indietro. Sembra impossibile all’alba del 2026 descrivere prospettive economiche che sembrano provenire da un passato remoto, ma alla luce dell’incapacità strutturale della macchina finanziaria strutturata in Europa, il prossimo passo dinamico economico sembrerebbe quello di un intervento legato ad un nuovo PNRR, preventivo per arginare l’incedere di un entità “invisibile” che possa gestire l’intelligenza artificiale nel corso degli anni avvenire.

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