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Papa Leone XIV

Papa Leone XIV alla Curia: “Basta smanie di potere, cadano maschere e sotterfugi”

lunedì, 22 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

Un richiamo netto, senza ambiguità, alla conversione personale e istituzionale. Nel tradizionale discorso di auguri natalizi alla Curia Romana, pronunciato nell’Aula della Benedizione, Papa Leone XIV ha lanciato un monito forte contro dinamiche di potere, carrierismo e ipocrisia che rischiano di incrinare la testimonianza ecclesiale: “Cessino le smanie di primeggiare, cadano le maschere e i sotterfugi”. Parole che non restano confinate all’interno delle mura vaticane, ma che si allargano a una diagnosi più ampia del tempo presente. Il Pontefice ha infatti denunciato “la crescita di aggressività e di rabbia, non di rado strumentalizzate dal mondo digitale come dalla politica”, indicando nel Natale del Signore un antidoto profetico a una cultura segnata da conflitti, polarizzazioni e violenze.
All’inizio del suo intervento, Leone XIV ha voluto ricordare con gratitudine il suo predecessore, Papa Francesco, scomparso nel corso dell’anno. Di lui ha richiamato “la voce profetica, lo stile pastorale e il magistero” che hanno riportato al centro la misericordia di Dio, l’evangelizzazione e una Chiesa “lieta e gioiosa, accogliente verso tutti, attenta ai più poveri”.

Comunione contro divisioni e rigidità

Riprendendo l’Evangelii gaudium, il Papa ha indicato due assi portanti della vita ecclesiale: missione e comunione. La Chiesa, ha ribadito, “è per sua natura estroversa, rivolta verso il mondo”, chiamata a non appesantire il Vangelo con strutture autoreferenziali ma a renderle sempre più missionarie. Un criterio che vale anche – e soprattutto – per la Curia Romana, che non deve limitarsi all’amministrazione ordinaria ma servire le grandi sfide pastorali e sociali del presente. Ma missione e comunione, ha sottolineato Leone XIV, sono inseparabili. È qui che il discorso assume toni particolarmente incisivi. Dietro “un’apparente tranquillità”, ha ammonito, possono annidarsi “i fantasmi della divisione”, alimentati dalla rigidità o dall’ideologia, dall’uniformare tutto o dall’esasperare le differenze.
Il Papa ha parlato con realismo delle fatiche quotidiane vissute anche negli uffici vaticani: “Dinamiche legate all’esercizio del potere, alla smania del primeggiare, alla cura dei propri interessi” che faticano a cambiare. Da qui la domanda, tanto semplice quanto radicale: è possibile essere amici nella Curia Romana? È possibile costruire relazioni fondate sulla fiducia, sul riconoscimento reciproco, sull’aiuto vicendevole?

Un segno per il mondo ferito

“È bello – ha detto – quando cadono maschere e sotterfugi, quando le persone non vengono usate e scavalcate”. Un invito esplicito a una conversione personale, perché nelle relazioni quotidiane “traspaia l’amore di Cristo che ci rende fratelli”. Questa conversione interna, ha insistito il Pontefice, ha anche una portata pubblica. In un mondo lacerato da guerre e discordie, la Chiesa è chiamata a essere “lievito di fraternità universale”, non una realtà ripiegata su sé stessa. “Non siamo piccoli giardinieri intenti a curare il proprio orto”, ha affermato, ma testimoni del Regno di Dio tra popoli, culture e religioni diverse.
Nel riferimento ai grandi eventi ecclesiali – dal Giubileo al Concilio di Nicea, fino al Concilio Vaticano II e all’Evangelii nuntiandi di Paolo VI – Leone XIV ha riaffermato che “l’opera di ciascuno è importante per il tutto” e che la prima forma di evangelizzazione resta “la testimonianza di una vita autenticamente cristiana”.

Natale come appello alla condiscendenza

Il discorso si è chiuso con una meditazione sul mistero del Natale, richiamando Dietrich Bonhoeffer: Dio “non si vergogna della bassezza dell’uomo”, ma vi entra dentro. È questa condiscendenza, ha concluso il Papa, che la Curia e l’intera Chiesa sono chiamate a incarnare ogni giorno.

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