La desertificazione commerciale avanza e rischia di cambiare il volto delle città italiane. A lanciare l’allarme è Confcommercio, che segnala come, senza interventi mirati, entro il 2035 potrebbe scomparire il 20% dei negozi di prossimità. Un trend che già oggi mostra segnali evidenti: negli ultimi dodici anni hanno chiuso oltre 140 mila attività al dettaglio, tra negozi fissi e ambulanti, con i cali più rilevanti nei centri storici e nei piccoli comuni.
Il progetto Cities
Per contrastare questo fenomeno, Confcommercio ha messo in campo il progetto Cities, pensato per rigenerare le aree urbane in declino e valorizzare il commercio di vicinato. L’allarme e le proposte dell’associazione saranno al centro dell’evento “inCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono”, in programma il 20 e 21 novembre a Bologna, a Palazzo Re Enzo. “Il nostro obiettivo”, spiega il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, “è combattere insieme la desertificazione commerciale e riportare nuova linfa nei centri urbani”.
Il campanello d’allarme dai dati sulla densità commerciale
Un segnale preoccupante arriva dalla crescente riduzione della densità commerciale, cioè dal rapporto tra numero di negozi e abitanti. Le città medio-grandi del Centro-Nord risultano oggi particolarmente esposte, mentre alcune realtà del Mezzogiorno mostrano un calo più contenuto, anche grazie a un minor ricorso allo shopping online.
Serve un cambio
Per invertire la rotta, Confcommercio propone una Agenda urbana nazionalecondivisa con Governo, Regioni e Comuni, capace di coordinare le politiche di rigenerazione urbana, valorizzare i distretti del commercio e promuovere una logistica sostenibile.
Sangalli: “Senza interventi, città fantasma entro il 2035”
Secondo il presidente Sangalli, la desertificazione commerciale è “un problema economico, sociale e di coesione”. Ogni saracinesca abbassata, ricorda, significa meno sicurezza, meno servizi, meno attrattività e meno socialità. “Senza interventi efficaci rischiamo di avere città fantasma entro il 2035. Servono politiche nazionali condivise, un accesso al credito più semplice e meno costoso, una fiscalità più equa e misure specifiche per sostenere il commercio di prossimità nella transizione economica”, afferma il presidente di Confcommercio.
I settori più colpiti
Il calo delle attività non colpisce tutti allo stesso modo. Le flessioni più pesanti riguardano: distributori di carburante: Articoli culturali e ricreativi: –34,5%; Commercio non specializzato: –34,2; Mobili e ferramenta: –26,7%; Abbigliamento e calzature: –25%: In controtendenza i servizi di alloggio e ristorazione, che registrano un +5,8%. A trainare la crescita è soprattutto la ristorazione (+17%), spinta dal turismo e dal delivery, con molti bar tradizionali riconvertiti in locali con somministrazione.
Le città più a rischio
Secondo le proiezioni, senza interventi strutturali città come Ancona, Trieste e Ravenna rischiano di perdere entro il 2035 un terzo o più delle attività di vicinato, con conseguenze pesanti sulla vitalità dei quartieri e sulla qualità dei servizi per i residenti.



