Nel cuore di Lisbona, tra la Praça do Comércio e l’Avenida da Liberdade, si è svolta una delle più imponenti manifestazioni degli ultimi anni. Migliaia di cittadini, lavoratori e sindacalisti hanno marciato pacificamente per opporsi al pacchetto di riforme sul lavoro presentato dal governo portoghese, accusato di favorire la precarizzazione e indebolire le tutele contrattuali. Le nuove misure, ancora in fase di discussione parlamentare, prevedono una maggiore flessibilità nei contratti a termine, la riduzione delle indennità di licenziamento e l’introduzione di criteri più rigidi per l’accesso al lavoro pubblico. Secondo i promotori della protesta, si tratta di un attacco diretto ai diritti conquistati con decenni di lotte sindacali. “Non siamo numeri, siamo persone. Vogliamo dignità e stabilità”, ha gridato dal palco Ana Ribeiro, portavoce della CGTP, il principale sindacato del Paese. Il governo, guidato dal primo ministro Luís Montenegro, ha difeso le proposte come necessarie per “modernizzare il mercato del lavoro e attrarre investimenti”, ma la piazza ha risposto con un secco no. Tra i manifestanti si sono visti anche studenti, pensionati e piccoli imprenditori, segno che il malcontento supera le categorie tradizionali. La mobilitazione ha avuto un impatto anche sul traffico cittadino e sui trasporti pubblici, con ritardi e cancellazioni in tutta la rete metropolitana. Non si sono registrati incidenti gravi, ma la tensione resta alta. I sindacati hanno già annunciato nuove giornate di protesta, mentre il Parlamento si prepara a votare il testo entro la fine del mese. Lisbona, per ora, resta il simbolo di una resistenza civile che chiede ascolto e rispetto.



