“La DaD – didattica a distanza – è stata un’esperienza di emergenza, ora basta. E’ stata sconfitta dalla realtà, da docenti, famiglie, politici di maggioranza e opposizione. Resta solo qualche ‘giapponese’ fautore della mutazione genetica della scuola”. Lungo e appassionato documento della Uil Scuola, che dice basta alla didattica a distanza imposta dalla emergenza Coronavirus e sollecita un tornare alla normalità, presentando proposte per il ritorno in aula a settembre.
“In tempi non sospetti, anche fuori da un coro ideologico di avanguardie della pseudo innovazione, aveva messo in guardia dall’uso esclusivo dello strumento digitale e rappresentato i limiti di un uso delle nuove tecnologie. Oggi, l’esperienza ha confermato come questo elemento sia complementare e mai sostitutivo di quella in presenza”, sottolinea il sindacato. La “DaD”, secondo la UIL scuola “è stata inventata dai docenti che hanno dimostrato di essere capaci di fare ciò che per anni volevano imporgli.
Senza alcun bisogno di mega piani di formazione, ma con risorse e competenze acquisite in corsa”. Per il sindacato la scuola ha dimostrato di essere in grado di adattarsi per svolgere la missione che la costituzione le assegna e “deve solo ringraziare i lavoratori docenti, dirigenti ed ATA che l’hanno realizzata”. Finito l’esperimento ora per il sindacato ogni altra procedura in questo senso va “fermata” perché “allarga la forbice delle disuguaglianze”.
Per la UIL scuola oggi c’è la possibilità di cambiare in meglio e si può farlo. “L’esperienza della pandemia deve servire a invertire le politiche scolastiche degli ultimi 20 anni, orientate alla riduzione e al contenimento della spesa per l’istruzione”, sostiene il sindacati, “con ammiccamenti al privato. I mancati investimenti in istruzione sono alla base della situazione degli edifici, dei contratti e della mancata stabilizzazione di migliaia di precari. Tutte emergenze che restano centrali in questo momento”. Critiche e anche pesanti sono rivolte al Governo e alla politica.
“Siamo di fronte ad un accordo politico che di fatto rinvia e decide di non decidere. Per salvaguardare gli equilibri di governo”, sollecita la UIL, “Appare invece prioritario organizzare presidi sanitari, anche con l’utilizzo del Mes, per vigilare e salvaguardare la salute, attraverso la necessaria profilassi che deve partire dalle scuole. Chiedere scusa ai precari docenti e ai direttori amministrativi (dsga) facenti funzione con almeno 36 mesi. C’è stato un vero e proprio accanimento contro queste persone che hanno servito lo Stato in ogni tempo e da tempo, e oggi sono nuovamente oggetto di vessazione legislativa.
Il compito della politica è dare risposte concrete alle persone non di metterle in competizione per un posto di lavoro che, peraltro, può essere riservato a tutti: basterebbe una programmazione rigorosa ed una azione amministrativa efficiente. Al contrario”, prosegue la critica della UIl, “le inefficienze dello Stato, le stanno pagando. Proporre i divisori in plexiglass significa rassegarsi al fai-da-te.
Siete stati bravi, arrangiatevi di nuovo, visto che avete dimostrato grande capacità e resilienza.
I miracoli non sono sufficienti, servono le condizioni per rilanciare il sistema che ha perso metà anno scolastico e deve recuperarlo. Il diritto allo studio è per tutti, e per ognuno.
Ci vuole, innanzitutto, la volontà di collaborare e, il clima creato dal ministro, è dei peggiori e foriero di problemi ed insuccessi”. La polemica della UIL scuola è travolgente.
“La confusione che c’è oggi nelle scuole”, sottolinea la Uil, “e le procedure burocratiche messe in atto non saranno in grado di gestire la fase della ripresa”.
Più che burocrazia e norme per il sindacati servono “ambienti idonei e in tre mesi vanno allestiti, come servono più organico e meno alunni per classe”. “Pensiamo a scuole di prossimità: occorre riaprire tutte le scuole chiuse e distribuire diversamente gli alunni per le istituzioni scolastiche”, conclude la nota della UIL, “per are questo serve un governo che abbia la realtà come suo orizzonte e non le polemiche social o di scontro politico”.