Non siamo così convinti che l’Italia ripartirà benché questo governo abbia ottenuto un’altra fiducia al Senato. Ci vuole un piano di reindustrializzazione dove lo Stato ed i Privati sappiano disegnare una visione per i prossimi vent’anni. Dobbiamo comprendere che senza i privati seduti ad un tavolo col governo, la nazione è destinata a morire. E ci vuole anche un piano che riscriva i procedimenti burocratico-amministrativi: serve che lo Stato dia la massima fiducia ai cittadini e gli consenta di portare avanti i loro progetti; è dopo, che deve intervenire a reprimere gli eventuali abusi.
Va definito anche un paradigma fiscale che sia degno di un patto sociale non sbilanciato e nel quale deve essere chiaro che l’utile d’impresa non è sfruttamento, frode, evasione, imbroglio e corruzione.
Riscrivere anche il funzionamento del potere giudiziario; perché ci siamo tanto stupiti del caso del dottor Palamara; il contesto è quello dell’Italia che ci ritroviamo. Un’Italia che spesso ha privilegiato più l’appartenenza che il merito, ma diciamo anche però che spesso appartenenza e merito hanno coinciso.
La povertà non si debellerà con altri sussidi momentanei, senza dubbio utili nel contingente, ma si debellerà costruendo percorsi occupazionali correlati all’avvio di opere pubbliche importanti.
Per il Museo Italia occorrerà scrivere un piano che guardi ai cittadini del mondo come possibili fruitori gratuiti del nostro patrimonio culturale. Se berranno in Italia il beneficio è certo.
Potremmo continuare con altre proposte ma quello che ora ci premeva scrivere è che non saranno i bei fraseggi a portare l’Italia fuori dalla palude. Ci vuole visione e prospettiva.