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Occupazione su, ma l’industria frena: l’altra faccia del lavoro in era Meloni

Record di occupati e un milione di lavoratori in più, ma vola la cassa integrazione: +22% nel 2025, con la straordinaria in forte aumento. Salari fermi, produttività debole e manifattura in difficoltà
domenica, 26 Ottobre 2025
2 minuti di lettura

Nei primi tre anni del Governo Meloni il mercato del lavoro italiano ha mostrato un doppio volto. Da un lato l’occupazione è cresciuta a ritmi mai registrati negli ultimi decenni: un milione di lavoratori in più e il record assoluto toccato a luglio 2025 con 24,2 milioni di occupati. Un risultato che certifica la capacità del sistema imprenditoriale di reagire a crisi energetica, inflazione e instabilità internazionale. Ad agosto il dato si è leggermente ridimensionato, ma con 24,1 milioni di addetti il livello resta tra i più alti di sempre. Dall’altro lato, però, l’aumento del ricorso alla cassa integrazione lancia segnali d’allarme, mostrando come sotto la superficie della crescita occupazionale si nascondano fragilità che, se non affrontate, potrebbero rallentare lo sviluppo economico. Nel primo semestre del 2025 le ore complessive di Cig autorizzate hanno raggiunto 305,5 milioni, in crescita di quasi il 22% sullo stesso periodo del 2024. La Cig straordinaria, attivata per crisi o ristrutturazioni aziendali, è balzata del 46,4%, mentre la ordinaria è aumentata del 7,3% e la deroga è crollata del 70%. L’impennata degli interventi straordinari rivela la crescente sofferenza di molte aziende, che ricorrono alla misura non per assestamenti temporanei, ma per difficoltà più profonde legate a competitor globali, aumento dei costi e ritardi negli investimenti.

Retribuzioni ferme

La crescita dell’occupazione non si è tradotta in un parallelo aumento della produttività, soprattutto nei servizi e nel terziario, con stipendi che rimangono inferiori alla media europea. Persistono ampie disparità territoriali e di genere: il tasso di occupazione femminile resta tra i più bassi dell’Ue, mentre il numero di giovani Neet continua a essere tra i più elevati del continente. Il rischio, secondo la Cgia, è quello di una “crisi strisciante” simile a quella che sta colpendo Francia e Germania, con un rallentamento che può minare la tenuta industriale. Per evitarlo sarà determinante accelerare l’utilizzo del Pnrr: oltre 100 miliardi di euro ancora disponibili e da mettere a terra entro giugno 2026, una sfida che il Paese non può permettersi di fallire se vuole modernizzare infrastrutture, imprese e pubblica amministrazione.

Manifattura in sofferenza

La Cig straordinaria si concentra soprattutto in quattro comparti che da soli assorbono oltre il 55% delle ore autorizzate: automotive (22 milioni di ore, +85,8%), metallurgia (20 milioni, +56,7%), macchinari meccanici (11,3 milioni, +12,5%) e calzature (11,1 milioni, +144,3%). L’automotive paga i ritardi della transizione verso l’elettrico, l’incertezza dei consumi e le delocalizzazioni, mentre la metallurgia subisce i costi energetici e la concorrenza asiatica. Le calzature, settore identitario del Made in Italy, soffrono il calo degli ordini esteri e il ridimensionamento del retail.

Stellantis a Termoli

A livello territoriale il caso più eclatante è Campobasso: nello stabilimento Stellantis di Termoli la Cig è esplosa del +1.255% nel primo semestre. Seguono Cuneo (+347%), Asti (+289%) e Potenza (+280%). In controtendenza alcune aree del Sud e delle Isole, come Oristano (-74%), Nuoro (-75,6%) e Crotone (-87,8%). L’area più coinvolta è il Nord-Ovest, che registra un +33,3% e sconta la crisi dell’automotive piemontese e lombarda. Il quadro che emerge è dunque complesso: più occupazione ma stipendi stagnanti, industria in affanno e produttività debole. La sfida sarà trasformare la crescita quantitativa del lavoro in crescita qualitativa, investendo in formazione, innovazione, tecnologie e politiche che sostengano redditi e competitività. Solo così l’Italia potrà evitare il rallentamento e agganciare una crescita stabile nei prossimi anni.

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