Dodici anni dopo il naufragio di Lampedusa che costò la vita a 368 persone e segnò profondamente la coscienza europea, il Mediterraneo centrale continua a essere teatro di tragedie quotidiane. Secondo i dati diffusi in occasione della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza (3 ottobre) da OIM, UNHCR e UNICEF, in media 42 persone muoiono ogni settimana lungo questa rotta migratoria. Una vittima su cinque è un bambino. Dal 2014 a oggi, oltre 32.700 persone hanno perso la vita cercando di attraversare il Mediterraneo centrale per raggiungere l’Europa. Numeri che fanno del mare nostrum una vera e propria “trappola mortale” per chi fugge da guerre, povertà, violenze e disastri ambientali.
“All’indomani del naufragio del 2013 ci fu un appello al cambiamento, affinché tragedie simili non si ripetessero mai più. Eppure oggi continuiamo a piangere vite perse in mare. Questi viaggi si trasformano troppo spesso in sofferenza, traumi e morte”, hanno dichiarato congiuntamente Salvatore Sortino, Direttore dell’Ufficio di Coordinamento Mediterraneo dell’OIM, Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino, e Nicola Dell’Arciprete, Coordinatore della risposta rifugiati e migranti dell’UNICEF in Italia.
Bambini sempre più a rischio
Dal 2013, secondo i dati ufficiali dell’OIM, almeno 620 bambini sono morti o scomparsi lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Ma la cifra reale è probabilmente molto più alta: molti naufragi avvengono senza sopravvissuti e non vengono registrati. Le stime attuali si basano sul numero complessivo dei dispersi e sul profilo demografico degli arrivi, che indica che i minori rappresentano circa il 20% dei migranti. Le persone migranti e rifugiate partono spesso dalla Tunisia su piccole barche di ferro o dalla Libia su vecchi pescherecci, mezzi inadeguati per affrontare uno dei mari più pericolosi al mondo. “Per fermare queste morti – sottolineano OIM, UNHCR e UNICEF – è necessario rafforzare il coordinamento europeo delle operazioni di ricerca e soccorso, sostenendo l’importante lavoro della Guardia Costiera italiana. La protezione della vita e della dignità umana deve restare al centro di ogni risposta”.
Servono canali sicuri e responsabilità condivisa
Le tre agenzie ONU denunciano anche che i tagli ai finanziamenti per l’assistenza umanitaria e lo sviluppo stanno aggravando la situazione: “In un contesto in cui i più vulnerabili perdono il sostegno necessario per restare nei loro Paesi o ricostruire le proprie vite, cresce il rischio che si affidino a viaggi sempre più pericolosi. Senza investimenti nella cooperazione internazionale e nella stabilità, aumentano le partenze disperate”.
OIM, UNHCR e UNICEF ribadiscono la necessità di potenziare i canali migratori sicuri e regolari, affrontare le cause profonde delle migrazioni e garantire rispetto dei diritti umani lungo tutto il percorso migratorio. “La migrazione è una realtà che deve essere gestita con solidarietà e responsabilità condivisa tra gli Stati. Le politiche devono essere basate sul diritto internazionale e tutelare il diritto d’asilo, evitando di spingere bambini e famiglie in situazioni ancora più pericolose”.