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Sport agonistici, attività sempre più a rischio infortuni e talvolta letali

martedì, 23 Settembre 2025
2 minuti di lettura

A pochi mesi dalle Olimpiadi invernali di Cortina 2026 la morte del 26enne – sciatore tra le fila delle Fiamme Gialle – Matteo Franzoso non ci voleva proprio. Il 23 settembre i funerali di Stato a Sestriere, Comune della Città metropolitana di Torino. Mentre tutte le discipline FIS (Federazione Internazionale Sci e Snowboard) si fermeranno per tutta la giornata.

Allenamenti logoranti, stress, disattenzioni, sottovalutazione dei rischi, o altro?

Tante sono le concause quando un atleta professionista o anche un semplice dilettante, cioè alle prime armi, si fa male sia durante gli allenamenti, ovvero durante le fasi delle gare ove si cerca di spingere al massimo delle proprie energie, accantonando o sottovalutando ogni rischio o insidia, a volte anche a caro prezzo, rimettendovi la propria vita.

È di questi giorni la disgrazia che ha colpito la famiglia di Matteo Franzoso, sciatore alpino italiano, atleta delle Fiamme Gialle, morto dopo due giorni di coma, proprio alla vigilia del suo 26º compleanno, per un “importante trauma cranico” e anche a pochi giorni del suo onomastico, San Matteo, tra – altro – protettore della Guardia di Finanza.

Matteo Franzoso (nato a Genova 16 settembre 1999)

Cresciuto, agonisticamente, a Sestriere, il 13 settembre scorso si stava allenando sulla pista di La Parva, a 50 km da Santiago del Cile, quando è incorso in una rovinosa caduta con il conseguente trauma cranico e edema cerebrale, secondo quanto è dato sapere. Tanti sono, comunque, i punti interrogativi ancora da chiarire sulla dinamica della disgrazia e anche sulle eventuali (cor)responsabilità. Sta di fatto che le voci sulle cause della disgrazia si intrecciano e si accavallano, ma poco giovano al vuoto che la sua prematura scomparsa ha creato tra i familiari, tra gli sportivi e il mondo dello sci alpino e, in particolare, tra la seconda famiglia, nelle fila degli sportivi delle Fiamme Gialle.

Chiaramente in famiglia si affermerebbe che ‘fatalità e disgrazia non esistono’; mentre in alcuni ambienti si farebbe rilevare che ‘gli sci moderni sono troppo veloci, è ora di cambiarli’.

Un curriculum di tutto rispetto nonostante la sua giovanissima età e quest’anno avrebbe dovuto far partire della squadra azzurra impegnata in Coppa del Mondo.

Un pensiero va anche alla 19enne sciatrice morta appena un anno fa, esattamente il 28 ottobre 2024, pure lei durante un allenamento di slalom gigante, sulla pista Gravald G1, Val Senales in Trentino Alto Adige. Militava nel gruppo sportivo dell’Esercito Italiano. Le due famiglie si conoscono e ora sono coinvolte in un comune dolore. ‘È arrivato il momento di fermarsi’ sarebbero anche le parole pronunciate in questo momento di grande dolore.

Di certo, sotto la lente d’ingrandimento ora sono ancora di più le piste e le reti di protezione, oltre alla velocità sempre maggiore degli sci dovuta ad una ‘estremizzazione’ dei materiali. Nell’ambito degli esperti si parla, infatti, di tre incidenti in poco tempo, per cui è d’obbligo che vadano riviste e adeguate le regole sulla sicurezza alle velocità sempre maggiori e ‘Bisogna aumentare gli spazi di fuga e migliorare le reti di protezione’, parole di esperti, Alessandro Garrone – Presidente dello sci club di Sestriere – e Kristian Ghedina, ex discesista azzurro.

Sicuramente occorre sempre più investire sulla cultura della sicurezza, perché alcuni sport professionali, a livello agonistico, sono assimilabili – sin dagli allenamenti – ai lavori ad alto rischio e quasi certamente, pure molto usuranti.

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