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Torna la scuola: abbandono scolastico e Neet veri cancri sociali

lunedì, 8 Settembre 2025
3 minuti di lettura

Riapre la Scuola. Quest’anno per chi suonerà la campanella? L’interruzione anticipata e definitiva del percorso di istruzione prima del completamento di un ciclo di studi è un problema sociale ed educativo con rilevanti conseguenze individuali e collettive.

L’abbandono scolastico (12-13%) quale interruzione volontaria o forzata della Scuola prima del diploma da distinguersi dall’assenteismo (assenze ripetute) e dalla dispersione (fenomeno più ampio che include anche deviazioni nei percorsi formativi già intrapresi) unitamente al fenomeno Neet (anche fino al 25% rispetto alla media europea dell’11%), espressione di quelle persone che non lavorano, non studiano e non partecipano ad attività di formazione professionale rappresentano oggi due patologie gravi del nostro sistema sociale.

Politiche e interventi quali formazione professionale, apprendistato, percorsi integrati scuola-lavoro, hanno migliorato alcuni segnali locali, ma l’impatto complessivo è fortemente influenzato da crisi economiche e ancora da strascichi pandemici post-Covid. Le cause sono multifattoriali e al di la di fattori individuali quali la difficoltà di apprendimento, scarsa motivazione, fattori scolastici quali ambiente scolastico poco inclusivo, insuccesso scolastico, relazioni negative con insegnanti o compagni, sottolineerei l’importanza dei fattori familiari per basso livello d’istruzione dei genitori, precarietà economica, instabilità familiare (molte oggi le coppie separate o divorziate) ma anche Fattori culturali sempre più frequenti quali la bassa valorizzazione dell’istruzione (cominciamo a convincerci per pigra convenienza che la Laurea oggi non serve più) e la voglia o necessità di lavorare fin da giovani perché ai “Raga” di oggi non basta più la paghetta che ottengono da entrambi i genitori, soprattutto di genitori divisi sempre in maggior numero.

Le conseguenze di questi fenomeni sono drammatiche. Lo sono per l’individuo: minori opportunità lavorative, redditi più bassi, maggiore rischio di povertà, esclusione sociale ma anche per la Società: perdita di capitale umano, maggiori costi sociali (assistenziale, sanitario, sicurezza), freno allo sviluppo economico. Strategie come tutoring e sostegno personalizzato, didattica differenziata con programmi di recupero, orientamento scolastico e professionale, un supporto alle famiglie con percorsi di accompagnamento, aiuti economici mirati, mediazione culturale, collaborazione scuola-servizi-sociali-aziende, apprendistato e formazione professionale, politiche pubbliche con incentivi alla frequenza, investimenti in scuole e formazione degli insegnanti, azioni mirate nei contesti a rischio potrebbero impattare positivamente nella regressione del fenomeno.

Anche piani personalizzati di apprendimento e sostegno psicosociale, alternanza scuola-lavoro di qualità e percorsi professionalizzanti, programmi di mentoring e peer support, monitoraggio precoce e interventi tempestivi su assenze prolungate potrebbero rappresentare misure di contrasto efficace a questi fenomeni quali abbandono scolastico e Neet, che definirei veri e propri cancri sociali. Come in medicina, anche qui funzionerebbero la diagnosi precoce e le terapie/interventi di precisione.

Per i Neet la vischiosità tradizionale del mercato del lavoro italiano può far comprendere perché tra i venticinque e i ventinove anni un giovane su quattro non faccia nulla: un percorso di studi è terminato, le prospettive di inserimento sono nebulose, ci si prepara a concorsi pubblici, radi ma spesso con criteri di selezione sempre casuali e incomprensibili. Si può quindi comprendere che un giovane su cinque fra i 20 e i 25 anni si trovi nella medesima difficoltà di altri coetanei.

Ma quando leggo che fra i quindici e i diciannove anni un ragazzo su dieci non va a scuola, non lavora e non cura la propria formazione allora siamo di fronte a un baratro epocale di sconfitta sociale. Stiamo parlando di centinaia di migliaia di cittadini italiani. Intendiamoci, sono statistiche: sono numeri che vanno probabilmente mitigati dall’esistenza del sommerso, che ne assorbe una quota. Ma restano impressionanti, con una impennata in buona parte dovuta anche al Covid e che in ogni caso testimonia una devastazione culturale che non sarà facile combattere e recuperare.

Perché non è solo questione di economia, di crescita, di sviluppo; e nemmeno di salari troppo bassi, del welfare che funziona male unito ad ataviche lacune del nostro sistema formativo e di accompagnamento al lavoro: è questione proprio di crederci, di muovere la propria coscienza giovanile. Nella generazione dei nostri giovani si è insinuato il virus dello scoraggiamento e della sfiducia, della bassa autostima, della denegata consapevolezza.

Perché, rosicchiare gli ultimi scampoli di quel che rimane dei livelli di prosperità che l’Occidente ha garantito fra il 1950 e il 1990, passare le giornate in una dimensione di isolamento e di marginalità beffardamente chiamata “social” può certo anche non essere il peggiore dei destini, ma è avvilente e autodistruttivo. Ogni tanto, nei piccoli paesi del Sud, può capitare ancora raramente di imbattersi in qualche manifesto funebre che dà la notizia della dipartita di un “Diplomato”, di un “Geometra”. Me ne commuoverei ancora, perché mi ricorderebbe con quanto orgoglio e con quanto sacrificio i Poveri di moneta di un tempo spingevano i loro figli allo studio e come poi per loro quel “pezzo di carta”, oggi scontato e banale, fosse una medaglia al valore di Famiglia.

Per carità, niente inattuali nostalgie: è perverso però il modello dei tempi che spinga i “Raga” di oggi a voler partecipare a un Talent piuttosto che andare a scuola, a voler diventare influencer anziché ferroviere, rapper anziché musicista. Io oggi chirurgo senza Scuola non lo sarei mai diventato. Meditiamo gente, meditiamo.

Antonio Cisternino

Antonio Cisternino

Medico-Chirurgo
Responsabile nazionale Sanità UDC

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