“Reddito e lavoro a milioni di italiani possono darlo solo le imprese e i mercati, gli investimenti e l’equilibrio della finanza pubblica”. Chiaro e diretto il messaggio del Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi che mette in guardia Governo e politica sulla tentazione di rilanciare lo Stato imprenditore, regolatore del mercato e dispensatore di incentivi improduttivi. Non sono segnali di guerra ma nemmeno di pace. Così Bonomi ricombina le regole del dialogo con le forze sociali, sindacali e politiche.
“Gli anni di mandato che mi aspettano in Confindustria saranno quelli della sfida più impegnativa dal secondo dopoguerra”, rivela Bonomi che annuncia: “L’obiettivo è riconquistare in due o al massimo tre anni non solo i 9-10 o forse più punti di Pil, che si prevede l’Italia perda in questo 2020, ma anche i tre punti che a fine 2019 ancora ci separavano dal 2008. La lezione alle nostre spalle parla chiaro: ogni tentativo di perseguire soluzioni attraverso bonus a tempo, interventi a margine nel sistema fiscale o nuova spesa sociale a pioggia, con improvvisati nuovi strumenti che si sommano confusamente a quelli già esistenti, si è rivelata un’illusione. Un’illusione ancor più temibile oggi. Al contrario, dobbiamo porre al centro dell’agenda nazionale una visione di profonda e positiva discontinuità”. Che abbia una idea della politica non entusiasmante, Bonomi non fa nulla per nasconderla e al Sole 24, rilancia la sua visione.
“Le dure recessioni italiane”, sottolinea il presidente degli industriali, “ci hanno insegnato che le vittime della crisi rappresentano per la politica, purtroppo, una preda ambìta: una vasta platea da illudere elettoralmente per cui solo lo Stato potrà dar loro risposte di reddito e lavoro, e che a questo fine lo Stato deve estendersi sempre di più e tornare gestore dell’economia, raccogliendo sempre più tasse, fino magari a richiudersi nei confini nazionali, rinnegando le scelte europee e occidentali che della rinascita italiana sono state premesse e colonne”. Ecco che la missione di Confindustria si fa più netta e diretta.
“A noi toccherà continuare a dire no: reddito e lavoro a milioni di italiani possono darlo solo le imprese e i mercati, gli investimenti e l’equilibrio della finanza pubblica. Continueremo a dirlo”, scandisce Carlo Bonomi, “lo faremo con la nostra unità e con la forza delle nostre proposte concrete, senza alcuna tentazione di sostenere questo o quel partito. E senza mai pensare neanche per un istante a diventare noi, un partito. Diamoci tutti una mano, e sono certo che ci riusciremo”.
Naturalmente per il presidente di Confindustria si tratta di idee da mettere a frutto senza segno di rivalse e antagonismi.
“Noi non vogliamo criticare Stato e Pubblica Amministrazione, vogliamo contribuire a cambiarli a fondo, in maniera strutturale. Sicuramente critichiamo la stratificazione di un’infinità di fonti normative”, ricorda ed è infatti difficile dargli torto,”che hanno prodotto nuove regole in migliaia di pagine, tra decreti legge, Dpcm, linee guida, circolari applicative, interpretazioni prefettizie, ordinanze regionali e comunali”.
Il dialogo con il Governo pare già iniziato e i primi passi sono nella direzione giusta.
“Riconosco che l’invito a cambiare strategia, lanciato al Governo nelle scorse settimane, è stato ascoltato, ha avuto un primo riscontro. Su nostra richiesta”, fa presente Bonomi, “infatti, lo Stato ha imboccato quella che sin dall’inizio era la via più rapida e naturale per sostenere impresa e lavoro: non prorogare i pagamenti ma abbuonare le tasse, come avverrà per l’Irap. Se non si muta radicalmente questo modo di procedere non ne usciamo. Servono riforme per uno Stato equilibrato nelle competenze, non antagoniste tra centro e autonomie, con un fisco che sia leva di crescita; un welfare concentrato davvero su chi ha meno e su giovani, donne, famiglie e lavoratori a minor reddito. Proprio quei soggetti lasciati ai margini da una spesa sociale complessiva, che è nella media europea, ma terribilmente squilibrata da molti punti di Pil in più destinati alla previdenza”. La proposta per rilanciare imprese, economia e sviluppo ha una strada obbligata, quelle delle riforme coraggiose, la prima questione da affrontare è il peso del debito pubblico.
“Riforme di questa portata vanno inquadrate in un credibile programma di riduzione strutturale del maxi debito pubblico italiano, che ha continuato e continuerà a renderci il Paese Ue più esposto ai venti di ogni crisi”, sostiene Bonomi, “Ma di questo la politica italiana continua a non volerne sentir parlare.
Quando la BCE inizierà il rientro dei suoi acquisti straordinari sui mercati, un eccezionale sostegno all’Italia, senza che l’Italia abbia già definito un credibile rientro del nostro debito, sarà una catastrofe per il Paese. Alla prossima legge di bilancio occorrerà dunque presentare un credibile piano di rientro del debito a cui vincolare il sostegno europeo per continuare a ricevere gli ingenti investimenti di cui l’Italia avrà bisogno per anni. Si tratta di risorse imponenti che l’Unione europea sta mettendo a disposizione e che vanno usate”.
C’è infine per Bonomi, da sgombrare il campo dai pregiudizi che talvolta riguardano il lavoro e le proposte delle imprese. “Sul forte pregiudizio anti-imprese noi vogliamo dare e daremo la miglior risposta con il nostro Piano Strategico 2030/50, che presenteremo alle istituzioni, alla politica e a tutte le forze della società civile il prossimo autunno, prima della legge di bilancio”, rivela Carlo Bonomi, “Indicheremo una strada per riprendere la via degli investimenti senza i quali non c’è futuro. E due sono i capisaldi: la ripresa e il potenziamento di Industria 4.0 e l’affiancamento di analoghi incentivi per Fintech 4.0. Il piano chiederà alla politica di raddoppiare gli investimenti pubblici che sono stati tagliati negli anni privilegiando la spesa corrente e agli imprenditori uno sforzo di dedizione assoluta”.