Mentre il mondo produttivo italiano attende di misurare con precisione il contraccolpo dei dazi statunitensi, le imprese non restano ferme. Anzi, accelerano la ricerca di nuovi sbocchi commerciali e puntano con decisione sui mercati più promettenti al di fuori degli Stati Uniti. Il quadro è delineato dal nuovo rapporto di Confartigianato pubblicato ieri, che ha fotografato un 2025 partito con slancio nelle aree giuste: nei primi quattro mesi dell’anno, il made in Italy ha registrato un incremento del 5,3% delle esportazioni verso 25 mercati chiave, definiti ʼtop marketʼ, che già nel 2024 avevano assorbito il 61,5% del totale export italiano. Si tratta di un blocco di destinazioni che, lo scorso anno, ha generato 383,6 miliardi di euro di vendite all’estero su un totale di 623,5 miliardi. Numeri imponenti, soprattutto se confrontati con l’andamento negli altri mercati internazionali, dove nello stesso periodo le esportazioni italiane sono calate del 2%. La differenza di trend è netta e conferma la strategia di concentrare gli sforzi nei Paesi a più alta crescita, così da compensare eventuali contrazioni oltreoceano.
La classifica dei mercati più dinamici è guidata dagli Emirati Arabi Uniti, dove l’export italiano vola a +20,9%. Seguono il Brasile con un incremento del 14%, la Svizzera a +13,1%, la Spagna a +10,6% e l’Arabia Saudita a +9,6%. In termini di valore assoluto, gli Emirati Arabi assorbono 7,9 miliardi di prodotti italiani, il Brasile 5,8 miliardi, la Svizzera 30,2 miliardi, la Spagna 34,5 miliardi e l’Arabia Saudita 6,2 miliardi.
I mercati in forte accelerazione
Al di fuori della top five, altri Paesi mostrano una vivacità notevole, pur con volumi inferiori ai 5 miliardi di euro di export italiano. Israele cresce del 13,1%, la Danimarca dell’11,8%, l’Irlanda dell’11,5% e Singapore dell’11,3%. Tutti mercati che, per dimensione, possono sembrare marginali rispetto a colossi come Germania o Francia, ma che offrono margini di crescita percentuali molto più elevati e, spesso, barriere tariffarie e burocratiche meno complesse di altre aree. Confartigianato ha stimato che, se il ritmo di crescita del primo quadrimestre fosse confermato per l’intero 2025, questi 25 mercati potrebbero generare un aumento di esportazioni pari a 20,4 miliardi di euro. Una cifra in grado di compensare, almeno in parte, il previsto calo di vendite negli Stati Uniti dovuto alle nuove tariffe doganali imposte da Washington. Un risultato che non arriverebbe per caso, ma grazie a strategie di penetrazione commerciale mirate, alla presenza capillare delle imprese italiane nelle fiere di settore e all’adattamento dell’offerta ai gusti e alle esigenze locali.
A trainare il made in Italy extra Usa non sono solo i grandi marchi. Le piccole e medie imprese svolgono un ruolo determinante: negli Emirati Arabi l’export delle Pmi vale 3,5 miliardi di euro, in Arabia Saudita 1,3 miliardi e in Brasile 857 milioni. Numeri che raccontano di un tessuto produttivo capace di competere su mercati lontani puntando su qualità, personalizzazione e rapporto diretto con il cliente. Tra i settori più performanti figurano alimentari, moda, arredamento e legno, metallurgia, gioielleria e occhialeria. L’alimentare, in particolare, continua a essere una bandiera del made in Italy, con l’enogastronomia che in molti Paesi diventa il primo biglietto da visita delle nostre produzioni.
Oltre gli Stati Uniti
La diversificazione dei mercati di sbocco non è solo una risposta tattica ai dazi americani. È una strategia strutturale per ridurre la dipendenza da singole aree e proteggersi dalle turbolenze geopolitiche e commerciali. Paesi come Emirati Arabi e Arabia Saudita offrono un bacino di consumatori ad alta capacità di spesa e una domanda crescente di prodotti di fascia medio-alta, in linea con il posizionamento del made in Italy. Il Brasile, pur essendo un mercato più complesso, è strategico per la sua dimensione e per la vicinanza culturale a certi settori come moda e agroalimentare.«Le nostre imprese stanno facendo la loro parte per reagire all’impatto dei dazi Usa, cercando nuovi sbocchi di mercato per il made in Italy» commenta il Presidente di Confartigianato, Marco Granelli. “Ora chiediamo che l’Europa faccia veramente l’Europa e ponga la competitività degli imprenditori al centro della sua azione. Abbiamo troppe palle al piede: eccesso di burocrazia, peso del fisco, difficoltà di accesso al credito, alti costi energetici. Basti dire che le imprese italiane pagano l’energia il 28% in più rispetto alla media europea. Al Governo italiano chiediamo altrettanto impegno per difendere e valorizzare la qualità del made in Italysui mercati internazionali”.