L’estate di Roma si è tinta dei colori e delle lingue del mondo. Migliaia di giovani, provenienti dai cinque continenti, hanno affollato ieri la Capitale per una giornata storica del Giubileo della Gioventù. Il cuore dell’evento è stato il doppio intervento di Papa Leone XIV: un saluto ai missionari digitali e influencer cristiani nella Basilica di San Pietro e, a seguire, un discorso ai neofiti e catecumeni francesi nella Sala delle Benedizioni.
Due appuntamenti distinti, ma un unico messaggio forte e inequivocabile: il Vangelo non è un’opinione, ma una vita da incarnare. Il Pontefice non ha avuto timore di toccare con fermezza i nervi scoperti della cultura contemporanea: la superficialità digitale, la sessualità ridotta a intrattenimento, l’identità smarrita in un mondo di connessioni virtuali ma affettivamente sterili.
“Non contano i follower,” ha detto Prevost a migliaia di creator, streamer, podcaster e comunicatori cristiani, “ma l’autenticità delle relazioni. Il sesso non è svago, la persona non è oggetto”.
“Influencer di speranza”
In un’era dominata da algoritmi, clickbait e polarizzazione, il Papa ha chiesto ai giovani protagonisti del digitale di essere artigiani della pace e della verità: “Oggi ci troviamo in una cultura nuova, costruita con e dalla tecnologia. Sta a voi far sì che questa cultura rimanga umana”. Parole che hanno suscitato commozione e riflessione. Il Vescovo di Roma ha riconosciuto l’enorme potenziale degli ambienti online, ma ha messo in guardia dal rischio di una “fede spettacolarizzata” e dalla dipendenza dal consenso virtuale: “Non basta generare contenuti cristiani: bisogna cercare i cuori. Annunciare il Risorto vuol dire avvicinarsi alle ferite del prossimo, ascoltare, accogliere, offrire speranza”.
Leone XIV ha rilanciato poi con forza l’immagine biblica dei discepoli chiamati mentre riparavano le reti. “Anche voi, missionari digitali, siete chiamati a riparare le vostre reti: a costruire relazioni vere, a tessere legami di verità e compassione”. Ha poi sottolineato la necessità di superare la cultura delle “bolle”, che isola e frammenta: “Nessuna bolla deve coprire le voci dei più deboli. Le reti che ci salvano sono quelle che ci riconnettono all’altro, a Dio, a noi stessi”.
“Non nasciamo cristiani. Lo diventiamo”
Nel secondo appuntamento il Papa ha accolto centinaia di giovani francesi che hanno recentemente ricevuto il Battesimo o sono in cammino verso di esso. L’incontro è stato denso di riferimenti teologici, ma anche estremamente diretto: “Il Battesimo ci rende figli di Dio. Ma non basta portare un’etichetta. Diventiamo cristiani veri solo quando ci lasciamo toccare dalla grazia nella vita quotidiana”. Richiamando le parole di Sant’Ambrogio “Cristo è tutto per noi”, Leone XIV ha tracciato un ideale di fede che non è rifugio intimista, ma forza per cambiare il mondo: ““Siete chiamati a rinunciare a una cultura di morte: quella dell’indifferenza, della droga, della sessualità come consumo, dell’ingiustizia. La vostra vita è segno di resurrezione”.
Ha poi insistito sull’importanza di non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà del cammino. Il riferimento a Isaia 41,10 (“Non temere, perché io sono con te”) è risuonato come un incoraggiamento potente per i tanti giovani che spesso si sentono soli, confusi o sfiduciati: “Il Battesimo è solo l’inizio. La fede si nutre ogni giorno, con la preghiera, i sacramenti, la comunità”.
Un passaggio molto applaudito è stato quello in cui il Papa ha affermato che la Chiesa ha bisogno del coraggio dei neofiti: “La vostra freschezza rinnova la Chiesa. Siate testimoni visibili dell’amore di Dio. Il mondo ha bisogno di vedere giovani che non si vergognano della fede”.