sabato, 26 Luglio, 2025
Europa

Usa-Ue, la resa dei conti sui dazi

Vertice domani in Scozia tra Trump e von der Leyen. Al centro del confronto la tariffa al 15% sulle importazioni europee. Bruxelles prepara ritorsioni per 93 miliardi

Si terrà domani in Scozia, sullo sfondo dei verdi campi da golf di Turnberry, l’atteso faccia a faccia tra la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il numero uno degli Stati Uniti Donald Trump. L’incontro, concordato dopo una telefonata “proficua” tra i due leader, sarà cruciale per tentare di scongiurare l’escalation commerciale tra le due sponde dell’Atlantico. Al centro del colloquio, ovviamente e non potrebbe essere altrimenti, i dazi del 15% che gli Stati Uniti sono pronti a imporre su numerose importazioni europee, salvo eccezioni strategiche.

Un’intesa è tutt’altro che certa: “Le probabilità di un accordo con Bruxelles sono forse anche inferiori al 50%” ha detto Trump prima della partenza per la Scozia, facendo presente però come situazioni simili (come nel caso del Giappone) abbiano visto un’inversione di rotta all’ultimo momento. Intanto l’Unione europea non resta a guardare. La Commissione ha già messo nero su bianco un pacchetto di contromisure da adottare se non si dovesse trovare un compromesso. Il documento di 257 pagine, pubblicato giovedì sera, elenca (con i relativi codici doganali) centinaia di prodotti statunitensi che saranno colpiti da dazi graduali tra agosto 2025 e febbraio 2026.

Nello specifico i primi dazi scatterebbero il 7 agosto su acciaio e alluminio, mentre quelli su prodotti agricoli come soia e mandorle entrerebbero in vigore il 1° dicembre 2025. Le misure più recenti, approvate il 24 luglio, sarebbero applicate in due fasi: dal 7 settembre 2025 per la maggior parte dei prodotti, e dal 7 febbraio 2026 per quelli più sensibili, per consentire alle aziende europee di adeguarsi.

La risposta dell’Ue in caso di mancata intesa

La cautela è quindi d’obbligo, come ha messo bene in chiaro Ursula von der Leyen anche durante il suo recente viaggio a Pechino: “Siamo molto chiari che tutti gli strumenti sono sul tavolo e rimarranno sul tavolo finché non avremo un risultato soddisfacente”, ha dichiarato, riferendosi esplicitamente anche allo strumento di anti-coercizione europeo e all’eventuale web-tax. A Bruxelles, il Comitato barriere commerciali ha dato via libera a larga maggioranza alla lista unica di controdazi da 93 miliardi di euro, pronti a scattare in caso di mancata intesa.

Il piano europeo non entrerà in vigore nella sua interezza sin da subito: la prima tranche da 21 miliardi, destinata a colpire acciaio e alluminio, partirebbe già dal 7 agosto. La seconda fase, più articolata, si attiverebbe dal 7 settembre 2025 per la maggior parte delle merci e si completerebbe entro il 7 febbraio 2026, rispettando i tempi di adeguamento previsti dalle normative dell’Organizzazione mondiale del commercio, alias la Wto. La gradualità è pensata per permettere all’industria europea di adattare le proprie catene di fornitura e limitare gli effetti più destabilizzanti.

Industria alimentare italiana sotto pressione

Il rischio di un nuovo conflitto commerciale non è solo politico, ma soprattutto economico. A lanciare l’allarme è Paolo Mascarino, Presidente di Federalimentare, che tramite una nota è stato molto più che chiaro: “Se fosse confermato l’accordo con dazi al 15%, l’industria alimentare si troverà schiacciata tra la svalutazione del dollaro e i costi dei dazi interni alla Ue”. Il settore chiede interventi immediati per salvaguardare la competitività delle imprese europee.

Mascarino ha spiegato come l’intreccio tra dazi americani e debolezza del dollaro, stimata intorno al 13%, rappresenti un doppio colpo per l’export italiano, in particolare per quello agroalimentare. Gli Stati Uniti sono infatti la seconda destinazione del made in Italy alimentare dopo la Germania, con un fatturato da 7,7 miliardi di euro nel 2024, pari al 14% dell’intero export del settore.

“Serve un intervento pubblico strutturale anche da parte dell’Europa per alleggerire il carico burocratico, abbassare i costi energetici e facilitare l’accesso al credito”, ha continuato Mascarino. In questa ottica, Federalimentare auspica che le trattative portino nel tempo alla creazione di un’area di libero scambio euroatlantica a dazi zero, “una risposta logica e necessaria per rafforzare l’Occidente in un contesto globale sempre più competitivo”.

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