lunedì, 14 Luglio, 2025
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Economia del Mare, boom italiano: oltre 216 miliardi di valore, l’11,3% del Pil

Con oltre 232.000 imprese, più di un milione di occupati e un valore aggiunto diretto di 76,6 miliardi di euro, l’Economia del Mare si conferma uno dei settori più dinamici e strategici per il sistema produttivo italiano. Se si considera anche il valore attivato nel resto dell’economia, la cifra supera i 216,7 miliardi di euro, pari all’11,3% del Pil nazionale. È quanto emerge dal XIII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare, curato da OsserMare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network, presentato a Roma al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in apertura del 4° Summit Nazionale Blue Forum. Il Rapporto fotografa un settore in piena espansione, con numeri che superano ogni aspettativa e che pongono l’Italia in posizione di leadership nel Mediterraneo. Secondo Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, “l’Economia del Mare rappresenta uno dei principali comparti su cui si può appoggiare il nostro sistema Paese”.
I dati parlano chiaro: il valore aggiunto diretto cresce del +15,9%, oltre due volte la crescita media italiana, ferma al 6,6%. Anche il numero di addetti aumenta sensibilmente, segnando un +7,7%, ben oltre la media nazionale (+1,9%). E mentre il tessuto imprenditoriale italiano si contrae (-2,4%), l’economia del mare cresce con +2% di imprese tra il 2022 e il 2024.

I settori della ‘blue economy’ italiana

Il moltiplicatore economico resta stabile a 1,8: ogni euro investito nella filiera blu ne attiva quasi due nel resto dell’economia. Il XIII Rapporto esplora le molteplici anime della Blue Economy: dalla pesca alla cantieristica, dalla movimentazione merci e passeggeri all’industria dell’estrazione marina, passando per turismo, sport acquatici, ristorazione, ricerca e tutela ambientale.
Questi settori generano valore in maniera trasversale e sostenibile, rappresentando un motore di sviluppo territoriale e occupazionale. Non a caso, il contributo della blue economy al complesso della produzione nazionale è cresciuto dal 5,8% del 2021 all’attuale 9,5%, come ha evidenziato Gaetano Fausto Esposito, Direttore del Centro Studi Tagliacarne.

Sud protagonista

La vivacità imprenditoriale e l’inclusione territoriale sono due tratti distintivi del settore. Secondo Andrea Prete, presidente di Unioncamere, “il valore aggiunto complessivo (diretto e indiretto) dell’economia del mare nel Mezzogiorno incide per il 15,5% sul totale dell’economia regionale, ben oltre la media nazionale”. Ma le regioni meridionali mostrano ancora minore capacità di attivazione dei settori collegati rispetto al Centro-Nord. Restano poi criticità nel reperimento della forza lavoro, soprattutto per profili tecnici e trasversali. “I dati confermano la leadership dell’Italia nella Blue Economy europea”, afferma Antonello Testa, coordinatore di OsserMare. A differenza del Blue Economy Report 2025 dell’Ue, che colloca l’Italia al quarto posto dopo Germania, Spagna e Francia (a causa di criteri diversi di analisi), il Rapporto OsserMare analizza un perimetro più ampio e aderente alla realtà produttiva del Paese.
“Il nostro è un sistema marittimo con numeri reali, in crescita e in grado di trainare l’intera economia. Solo con una conoscenza precisa e aggiornata del contesto marittimo possiamo costruire politiche efficaci”, ha aggiunto Testa.

Un riferimento strategico

“Il nostro Rapporto è diventato il documento di riferimento nazionale per il sistema mare”, dichiara Giovanni Acampora, Presidente di Assonautica Italiana e della Camera di Commercio Frosinone Latina. “Serve per dare forza al nuovo Piano del Mare 2026–2028, per posizionare l’Italia come punto di riferimento nella Blue Economy a livello euro-mediterraneo”. Nonostante i numeri da record, il settore non è immune dai rischi. “Un aumento dell’incertezza del 30% rispetto agli ultimi anni potrebbe costare 1,2 miliardi di euro di perdite, concentrate in turismo e logistica”, avverte Esposito. Il richiamo è alla necessità di politiche stabili, investimenti strutturali e una visione condivisa, soprattutto in un contesto internazionale ancora incerto.
Le sfide non mancano. Dalla carenza di competenze tecniche, alle difficoltà nel dialogo tra pubblico e privato, alla necessità di semplificare le procedure amministrative e promuovere politiche fiscali favorevoli.

Formazione e semplificazione

Da più voci – tra cui anche quella della Senatrice Simona Petrucci, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per l’Economia del Mare – è arrivato l’invito a rafforzare la formazione specializzata, puntare sulla transizione ecologica e digitale, e consolidare il ruolo dell’Italia nei corridoi logistici internazionali. La presentazione del Rapporto si è inserita nel contesto del 4° Summit Nazionale sull’Economia del Mare Blue Forum, luogo di confronto tra istituzioni, imprese, esperti e associazioni. Una tavola rotonda di alto profilo, moderata da Roberta Busatto, ha messo a confronto esperienze e strategie: tra gli ospiti Francesca Biondo, Francesco di Cesare, Cetti Lauteta, Alessandro Panaro e Luciano Serra.

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