mercoledì, 2 Luglio, 2025
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Musica

Luci e ombre del fenomeno del K-pop

Negli ultimi anni la cultura sudcoreana ha conquistato il mondo, complice anche la musica, il cinema e le serie tv. Sul piano musicale, dal Covid in poi, il K-pop è diventato uno dei generi più ascoltati al mondo: le canzoni “catchy”, insieme alle coreografie intense, danno vita a performance incredibili e a spettacoli a 360°. “Boyband” e “Girlband”, composti da “idol”, che sembrano quasi delle divinità, sono capaci di conquistare il cuore delle persone. Ma come ogni cosa che all’apparenza sembra perfetta anche quest’industria ha le sue ombre

La Corea del Sud da anni è diventata meta d’interesse grazie alla cultura, alla musica, al cinema, alle serie tv e al cibo. Il K-pop è forse quello che più di tutti ha contribuito alla curiosità verso questo Paese. Soprattutto con l’arrivo della pandemia e la conseguente quarantena, molti hanno trovato nel pop sudcoreano un modo per scappare dall’opprimente realtà quotidiana.

La nascita del K-pop moderno

Il K-pop moderno nasce agli inizi degli Anni ‘90 con il debutto dei Seo Taiji and Boys. Nelle loro canzoni la formula vincente è stata l’unione di rap e pop, accompagnati da coreografie ben strutturate. Nel 2000 questo genere inizia a diffondersi nel resto dell’Asia e in minima parte anche in Occidente, con il debutto di gruppi come i Super Junior, i Big Bang (di cui fa parte T.O.P rapper, che nella seconda stagione di “Squid Game” interpreta Thanos), Girls’ Generation, Shinee e tanti altri. Solo nel 2017, però, riesce a sfondare nel mercato musicale americano grazie ai BTS, che nel corso degli anni hanno conquistato il mondo con la loro musica, le performance e la capacità di stare sul palco dominandolo. Le canzoni k-pop fondono insieme ballad, hip hop, dance, rap, R&B, jazz, techno, disco, house e afrobeat e danno vita a un ritmo unico che, unito a coreografie intense ed elaborate, risulta vincente.

Cosa c’è dietro il K-pop?

Ma dietro questo genere si nasconde un mondo che è molto più complicato e oscuro di come appare. Gli “idol”, come sono chiamati i componenti dei gruppi, vengono scelti dalle varie agenzie musicali (le più importanti sono la SM Entertainment, la Yg Entertainment, la JYP Entertainment, la HYBE, ex Big Hit Entertainment) quando sono ancora ragazzini, i gruppi vengono creati a tavolino e prima di debuttare si si allenano per anni. Ogni ragazzo ha un ruolo specifico: voce principale, voce secondaria, ballerino e rapper e ogni gruppo ha un leader. Se hanno la fortuna di sfondare e riscuotere successo inizia un viaggio in cui vengono messi a dura prova fisicamente e mentalmente per i ritmi assurdi che devono mantenere, tra produzioni continue di album, ospitate televisive, tour e incontri con i fan. Molti purtroppo sono gli idol che si sono tolti la vita per l’eccessiva pressione e critiche subite nel corso della carriera. È il caso, ad esempio, di Moon Bin, membro degli ASTRO e morto suicida nel 2023.

“Personaggi” alla mercè dei fan

I cantanti diventano delle figure quasi divine, dalle sembianze perfette e dall’atteggiamento sempre impeccabile per non deludere mai, in alcun modo, i propri sostenitori. Avere una relazione è proibito perché scandaloso e vissuto dai fan come un tradimento, perché costruiti come “personaggi” con cui instaurare una relazione parasociale e cui attaccarsi anche romanticamente, tant’è che quelli sorpresi ad avere una relazione hanno dovuto pubblicamente chiedere scusa. Indubbiamente, oltre al valore artistico delle performance, anche questo fatto, di poter instaurare un filo apparentemente diretto con gli artisti, costituisce un’attrattiva pensata proprio allo scopo di fidelizzare il pubblico.

Il fandom del K-pop

Ogni gruppo ha una fanbase, che prende il nome dall’estetica che li caratterizza. Per esempio, i fan dei BTS si chiamano “army”. Con loro instaurano un rapporto di scambio, ci sono delle app specifiche con cui gli idol possono comunicare tramite dirette o post con le persone che li seguono e dove si mostrano nella loro quotidianità. Così facendo, sembra quasi che si crei un vero rapporto di amicizia. Tutta questa vicinanza, però, non fa che alimentare il lato più tossico e ossessivo del fandom, che vede davvero il cantante più come un oggetto che come un essere umano, con dei sentimenti e dei bisogni che vanno rispettati.

Per descrivere i fan i cui comportamenti diventano estremi e al limite del legale è stato coniato il termine “sasaeng”, persone che stalkerano i propri beniamini e invadono la loro privacy. Fortunatamente, però, si tratta di casi isolati.

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