sabato, 7 Giugno, 2025
Esteri

Putin sente il Papa e Trump, ma negoziati e pace sono lontani

Colloquio “costruttivo” con Leone XIV sul ruolo della Santa Sede. Dialogo freddo con Washington e Kiev rifiuta nuovi incontri

Nella giornata di ieri il presidente russo Vladimir Putin ha avuto la sua prima conversazione telefonica con Papa Leone XIV, ringraziandolo per la disponibilità del Vaticano a mediare nella crisi ucraina. La chiamata, definita “costruttiva” dal Cremlino, ha riguardato soprattutto il ruolo umanitario della Santa Sede e la possibilità di proseguire il dialogo. Putin ha ribadito l’interesse per una risoluzione diplomatica del conflitto, ma ha anche accusato Kiev di sabotaggi su infrastrutture civili e di “degenerazione in un’organizzazione terroristica”. In parallelo, il Presidente americano Donald Trump ha parlato per oltre un’ora con Putin, riportando toni interlocutori, ma freddi: “Una buona conversazione, ma non tale da portare a una pace immediata”. Al centro anche il programma nucleare iraniano.
Intanto il presidente ucraino Zelensky ha escluso nuovi colloqui con le attuali delegazioni, mentre Mosca ha accusato l’Ucraina di voler sfruttare eventuali tregue per rifornirsi di armi e preparare nuovi attacchi. La diplomazia, insomma, resta in stallo, tra aperture di principio e accuse incrociate.

La cronaca

Intanto la giornata di ieri ha segnato un nuovo picco di tensione nella guerra in Ucraina, tra raid russi e uno stallo nei negoziati di pace, dominati da veti incrociati e posizioni inconciliabili. Nella notte tra martedì e mercoledì, un raid russo ha colpito la città di Kharkiv, nell’Ucraina orientale, causando il ferimento di un uomo di 30 anni e provocando vasti incendi, soprattutto nelle aree industriali e nel quartiere Novobavarsky. Poco dopo, un’operazione ucraina ha preso di mira il ponte di Crimea. Kiev rivendica il successo dell’attacco, ma il Cremlino ha minimizzato, parlando di una “esplosione senza danni rilevanti”. Mosca accusa l’Ucraina di voler colpire infrastrutture civili e promette “misure necessarie” in risposta. Dmitry Medvedev ha evocato apertamente “una rappresaglia” contro il comando politico-militare di Kiev. Ma mentre la tensione cresce, non si intravede ancora un chiaro spiraglio per un cessate il fuoco. Intanto, sul fronte americano, Keith Kellogg – consigliere speciale di Trump per l’Ucraina – ha commentato su Fox News l’attacco ucraino come “coraggioso ma rischioso”. Colpire infrastrutture critiche della Russia, come basi militari o asset strategici legati alla difesa nucleare, può infatti aumentare il rischio di un’escalation incontrollata. “Quando si tocca la triade nucleare di un avversario, non si può prevedere la reazione”, ha avvertito Kellogg.

Negoziati congelati e accuse reciproche

Durante i colloqui a Istanbul, Mosca ha riproposto condizioni giudicate inaccettabili da Kiev. Il ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiga ha denunciato su X l’imposizione di “ultimatum già noti” che non offrono soluzioni concrete per la pace. Parole rilanciate anche da Andrii Yermak, capo dello staff presidenziale ucraino, che da Washington ha accusato la Russia di temporeggiare per eludere le sanzioni e ha invitato gli Stati Uniti a rafforzare la pressione su Mosca. Yermak, in visita nella capitale americana, ha ribadito il sostegno dell’Ucraina alla proposta statunitense di cessate il fuoco formulata già a marzo, ma ha sottolineato che il Cremlino continua a evitare un vero confronto tra leader. L’unica via, secondo Kiev, resta quella della pressione combinata: diplomatica, economica e militare.

L’assenza del Pentagono al “Gruppo di contatto”

Per la prima volta dall’istituzione del “Formato di Ramstein” tre anni fa, il segretario alla Difesa USA Pete Hegseth non ha partecipato alla riunione del gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, tenutasi ieri a Bruxelles. L’assenza è stata giustificata da impegni istituzionali. Tuttavia, la mancata partecipazione, nemmeno in videocollegamento, ha alimentato dubbi su un possibile progressivo disimpegno americano dallo sforzo bellico in Ucraina. A rappresentare Washington all’incontro è stato l’ambasciatore presso la NATO, Matthew Whitaker, figura vicina al presidente Trump. Whitaker ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti all’Alleanza Atlantica, ma anche rilanciato un messaggio molto chiaro: i Paesi NATO devono aumentare la propria spesa militare fino ad almeno il 5% del PIL. “La minaccia russa non è un’ipotesi remota ma una realtà attuale e persistente”, ha dichiarato Whitaker. Gli ha fatto eco il segretario generale della NATO, Mark Rutte, che ha avvertito: “Mosca produce armi in tre mesi quanto l’intera NATO in un anno”. Rutte ha ribadito la validità dell’articolo 5 del Trattato NATO, sottolineando che qualsiasi attacco alla sicurezza dei membri sarà affrontato con una reazione “devastante”.

Europa tra fermezza e nuove sanzioni

Dal fronte europeo, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha lanciato una proposta drastica: l’introduzione di dazi fino al 500% sulle importazioni energetiche dalla Russia, nel caso in cui Mosca continui a eludere il processo negoziale. “L’obiettivo è colpire le entrate energetiche del Cremlino. Se Putin non si muove, aumenteremo la pressione”, ha dichiarato in un’intervista a Politico Europe. Secondo la presidente della Commissione, gli attacchi ucraini alle basi russe hanno già aumentato la propensione del Cremlino a trattare. “L’Ucraina ha dimostrato grande innovazione, anche nella guerra elettronica”, ha affermato, sottolineando che eventuali sforzi diplomatici dovranno portare a una “pace giusta e duratura”, non a un nuovo compromesso debole.

Macron e Meloni: “Sostegno incrollabile a Kiev”

In un comunicato congiunto diffuso al termine dell’incontro bilaterale di ieri, Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron hanno ribadito il pieno appoggio all’Ucraina. La nota sottolinea la necessità di un rilancio dell’impegno europeo non solo sul fronte diplomatico, ma anche attraverso un aumento deciso degli investimenti nella difesa e nel comparto tecnologico-industriale militare. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato da Napoli, a margine della Conferenza Unesco sui beni culturali, che la Russia “non mostra una reale volontà di arrivare alla pace”. Tajani ha avvertito che senza progressi concreti Mosca rischia nuove sanzioni da parte dell’Occidente.

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