La guerra in Medio Oriente continua ad allargarsi e ad approfondirsi. Nelle ultime 48 ore, i riflettori sono puntati sia sulla Striscia di Gaza, dove i bombardamenti israeliani hanno provocato decine di vittime tra i civili, sia sul Libano meridionale, dove il movimento sciita Hezbollah ha ottenuto una vittoria schiacciante alle elezioni locali, consolidando la sua posizione politica in una regione già devastata dai raid dell’aviazione israeliana. Il bilancio a Gaza è drammatico: almeno 52 morti, di cui 36 in un solo bombardamento che ha colpito una scuola trasformata in rifugio per sfollati. L’attacco è avvenuto mentre le persone dormivano. Tra le vittime diversi bambini. L’esercito israeliano ha dichiarato che la scuola era in realtà un centro di comando di Hamas e della Jihad Islamica, utilizzato per pianificare attacchi terroristici e ha precisato di aver adottato “numerose misure” per ridurre il rischio di colpire civili, utilizzando munizioni di precisione e sorveglianza aerea.Secondo il portavoce militare israeliano, più di 200 obiettivi di Hamas sono stati colpiti nell’ambito dell’operazione “Carri di Gedeone”, tra cui magazzini di armi, tunnel, postazioni di cecchini e lanciatori di missili anticarro. A Jabalia, nel nord, sette persone sono morte in un attacco a una casa; a Nuseirat, due persone – tra cui una donna incinta – sono state uccise sotto una tenda per sfollati. La protezione civile denuncia la mancanza di mezzi per scavare tra le macerie e salvare eventuali sopravvissuti. Secondo il Times of Israel, l’obiettivo dichiarato delle forze armate israeliane è quello di occupare il 75% del territorio della Striscia entro due mesi. La popolazione palestinese sarebbe spinta in tre aree: la “zona umanitaria” di Mawasi sulla costa, Deir al-Balah e Nuseirat nel centro, e Gaza City. Oltre 2 milioni di persone verrebbero così concentrate in appena un quarto del territorio.
Tajani e Noem intervengono, Israele rifiuta la tregua
Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, ospite a Restart, ha dichiarato: “Israele ha vinto la guerra contro Hamas. Ora è il momento di fermarsi. La popolazione civile sta soffrendo troppo”. Tajani ha riconosciuto le responsabilità di Hamas nell’aver trascinato Israele nel conflitto, ma ha ribadito la necessità di rispettare il diritto umanitario internazionale. Nel frattempo, Israele ha respinto una nuova proposta di cessate il fuoco, che prevedeva un’interruzione di 70 giorni e il rilascio di dieci ostaggi (cinque vivi e cinque deceduti). Tel Aviv ha definito la proposta “inaccettabile”, sostenendo che non c’è reale volontà di Hamas nel trovare un accordo. I colloqui, mediati dall’inviato di Trump Steve Witkoff e dal businessman palestinese-americano Bishara Bahbah, si sono conclusi senza esito. In Israele, la segretaria alla sicurezza interna statunitense Kristi Noem, in visita ufficiale, ha ribadito il “sostegno inequivocabile” degli Stati Uniti al premier Benjamin Netanyahu, lodandone la politica di sicurezza e la gestione della guerra a Gaza.
Libano, vittoria Hezbollah, tensione con Israele
Intanto il movimento sciita libanese Hezbollah ha ottenuto una netta vittoria alle elezioni municipali nei distretti meridionali del Libano, conquistando oltre 100 distretti su 272, mentre nei rimanenti il risultato appare ugualmente schiacciante. L’affluenza, tuttavia, è stata più bassa dell’11% rispetto alle elezioni del 2016, un segnale che i media attribuiscono a stanchezza, bombardamenti israeliani e disillusione politica. In occasione dell’anniversario del ritiro israeliano dal Libano nel 2000, il leader di Hezbollah Naim Kassem ha dichiarato che il gruppo non rinuncerà alle armi finché Israele non si ritirerà completamente da cinque postazioni ancora occupate nel sud e non cesserà gli attacchi aerei. “Non ci chiedete altro. Israele deve rispettare i suoi obblighi”, ha affermato. Il premier libanese Nawaf Salam ha però ribattuto, sostenendo che “nessuna arma deve stare fuori dal controllo dello Stato” e chiedendo un disarmo progressivo, anche nei campi profughi palestinesi, per evitare un possibile conflitto interpalestinese. Il presidente Michel Aoun ha annunciato che il disarmo dei tre principali campi a Beirut inizierà a metà giugno.
Aiuti umanitari: arrivano i camion italiani
Nel pieno del caos, arrivano però anche segnali di solidarietà internazionale. Sono finalmente entrati a Gaza i primi 9 camion del progetto italiano “Food for Gaza”, finanziati dalla Farnesina e gestiti dal Programma Alimentare Mondiale (WFP) delle Nazioni Unite. I mezzi sono stati modificati per distribuire farina e generi di prima necessità nei centri riconosciuti. Tuttavia, la distribuzione è complicata: assalti della popolazione affamata sono stati registrati anche contro panifici e veicoli di aiuto. In un contesto così fragile, si è dimesso Jake Wood, direttore del Gaza Humanitarian Fund (GHF), ente privato autorizzato da Israele e USA alla distribuzione degli aiuti. Ex marine americano, Wood ha denunciato l’impossibilità di operare nel rispetto dei principi umanitari fondamentali: umanità, neutralità, equità e indipendenza. Ha chiesto a tutte le parti in causa di “espandere e innovare” i canali di distribuzione, evitando ritardi e discriminazioni.