mercoledì, 7 Maggio, 2025
Attualità

Conclave, questa sera la prima fumata

Ieri l’ultima Congregazione generale con l’appello dei Cardinali: “Pace in Medioriente e in Ucraina”

Sarà una serata carica di attesa e significati quella di oggi, quando dalle 19 in poi gli occhi del mondo si alzeranno verso il comignolo della Cappella Sistina per la prima fumata del Conclave. Un rituale antico che segna l’inizio della fase più riservata e spiritualmente intensa della vita della Chiesa cattolica: l’elezione del nuovo Pontefice. Il 267esimo successore di Pietro sarà scelto dai 133 cardinali elettori, provenienti da 71 Paesi e rappresentanti i cinque continenti, chiamati a scrutare i segni dei tempi e a discernere la figura del nuovo Papa tra i loro stessi ranghi. Con un solo scrutinio previsto per oggi pomeriggio, è improbabile che la prima fumata sia bianca. Ma sarà il simbolo dell’inizio ufficiale del Conclave, introdotto nella mattinata dalla Messa ‘Pro eligendo Pontifice’ e poi dalle antiche parole “extra omnes”, con cui il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, Monsignor Diego Ravelli, chiuderà al mondo esterno le porte della Sistina.
Con 53 cardinali europei, 37 americani, 23 asiatici e 18 africani, questo Conclave si distingue per un’ampia rappresentanza geografica che riflette la cattolicità universale della Chiesa. L’Italia conta 19 elettori. Nelle ore che precedono l’ingresso in clausura, comunque, è stato soprattutto il clima spirituale e pastorale a dominare l’ultima Congregazione generale, svoltasi ieri mattina.

Un appello unanime alla pace

La dodicesima sessione, conclusiva delle riunioni preliminari, si è aperta con la preghiera e ha visto 26 interventi su temi centrali per il futuro della Chiesa: la pace nel mondo, la lotta contro gli abusi, l’impegno per la giustizia climatica, la trasparenza, la riforma della Curia e la sinodalità. Nel comunicato finale letto al termine dell’incontro, i cardinali hanno rivolto un forte appello per la pace. In un mondo scosso da guerre e tensioni, dal Medio Oriente all’Ucraina, la Chiesa si pone come voce profetica: “Pace lunga e duratura, fondata sul dialogo e sul rispetto della dignità umana”. È stato chiesto il cessate il fuoco immediato in tutte le aree di conflitto e l’avvio di negoziati reali per soluzioni giuste e condivise.
Un richiamo che risuona nel cuore stesso dell’evento che si apre: il Papa che sarà eletto dovrà essere (questo è emerso con chiarezza) un “Pastore globale”, capace di parlare alle ferite dell’umanità.

Il profilo atteso del nuovo Papa

Durante la Congregazione si è delineata una visione comune sul tipo di guida che la Chiesa oggi attende. Non un amministratore o un burocrate della fede, ma un autentico maestro di umanità, “capace di misericordia, di prossimità, di condivisione”. Un Papa che sappia raccogliere e portare avanti l’eredità spirituale e pastorale di Francesco, promuovendo una Chiesa samaritana, capace di farsi carico delle fragilità del mondo e delle divisioni interne. È stato evocato più volte il concetto di “comunione”, non come semplice armonia interna, ma come vocazione ecclesiale fondamentale in tempi di polarizzazione e crisi di fiducia.
I Cardinali hanno ricordato con forza che molte delle riforme avviate da Papa Francesco sono ancora in cammino: dalla lotta agli abusi alla trasparenza economica, dalla riorganizzazione della Curia alla valorizzazione della sinodalità. È emersa la consapevolezza che queste sfide non possono essere eluse, ma richiedono continuità, coraggio e visione. Tra le urgenze pastorali è stato posto l’accento anche sulla formazione permanente, l’iniziazione cristiana come atto missionario, il dialogo ecumenico e interreligioso. È stata inoltre sollevata la questione della data comune per la celebrazione della Pasqua, segnale di unità tra le Chiese.

L’anello spezzato

Nel corso della mattinata di ieri si è compiuto anche un altro gesto denso di simbolismo: l’annullamento dell’Anello del Pescatore e la rottura del sigillo pontificio. Con questo atto, si chiude formalmente il pontificato di Francesco e si apre il tempo della sede vacante. L’anello, che rappresentava l’autorità di Pietro affidata a Jorge Mario Bergoglio, viene ora custodito come reliquia, mentre la Chiesa si dispone ad accogliere il suo nuovo pastore.

Assenze e partecipazioni

Tra i pochi assenti, si registra quella del Cardinale keniota John Njue, impossibilitato a viaggiare per motivi di salute. Una precisazione dell’arcidiocesi di Nairobi ha chiarito che il porporato è stato regolarmente invitato, ma ha rinunciato per ragioni cliniche. “La sua voce”, ha detto l’arcivescovo Philip Anyolo, “continuerà a farsi sentire nella preghiera”.

Verso la fumata bianca

Se i primi scrutini dovessero restituire voti dispersi, l’orientamento espresso dai Cardinali lascia intravedere una convergenza verso un candidato in grado di raccogliere il testimone di Francesco, con equilibrio tra riforma e tradizione, dottrina e carità. Come previsto dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, l’elezione richiederà una maggioranza qualificata di due terzi. Nei giorni successivi si terranno quattro votazioni al giorno, due al mattino e due al pomeriggio.

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