Il 2025 ha un dato chiaro fino a questo momento: le pensioni anticipate continuano a diminuire in modo marcato. Un trend che riflette gli effetti delle riforme introdotte negli ultimi anni per contenere la spesa previdenziale e scoraggiare l’uscita precoce dal lavoro. Secondo il monitoraggio dell’Inps diffuso ieri sui flussi di pensionamento relativi al primo trimestre dell’anno, le pensioni anticipate con decorrenza tra gennaio e marzo sono state 54.094, in calo del 23,09% rispetto alle 70.334 dello stesso periodo del 2024. Il calo coinvolge tutte le categorie, ma con impatti differenziati: tra i dipendenti privati il numero delle pensioni anticipate è sceso a 26.683 (-19,43%), mentre tra i dipendenti pubblici la flessione è ancora più netta, con appena 8.014 assegni liquidati, pari a un calo del 33,85%.
L’età si allunga, l’uscita si allontana
La stretta normativa che rende più difficile accedere alla pensione in anticipo rispetto all’età di vecchiaia (oggi fissata a 67 anni) sta dunque dando i suoi frutti in termini di contenimento del numero di pensionamenti. Allo stesso tempo, però, il fenomeno apre interrogativi sulle condizioni lavorative dei lavoratori più anziani, che si trovano a dover prolungare la loro attività anche in contesti fisicamente o psicologicamente usuranti. Nel primo trimestre del 2025 l’INPS ha complessivamente liquidato 194.582 pensioni, per un importo medio mensile di 1.237 euro, leggermente in crescita rispetto ai 1.229 euro della media 2024. Si tratta di pensioni di vecchiaia, anticipate, invalidità, superstiti e assegni sociali. I dati totali del 2024 indicavano 877.186 nuove pensioni.
Il divario di genere si allarga
Un dato che desta particolare attenzione è quello relativo al divario di genere negli importi pensionistici. Gli uomini, nel primo trimestre del 2025, hanno percepito una pensione media di 1.486 euro, in aumento rispetto ai 1.457 del 2024. Le donne, invece, si sono fermate a 1.011 euro, in calo sui 1.033 dell’anno precedente. La differenza è abissale: le pensioni femminili risultano inferiori in media del 31,97%, un balzo negativo rispetto al 29,1% registrato l’anno scorso. Il dato riguarda i singoli assegni, e non l’intero reddito pensionistico complessivo – che può includere più trattamenti – ma segnala un problema strutturale: le carriere lavorative delle donne sono spesso più discontinue, con salari medi più bassi e periodi di lavoro part-time o di assenza dovuti alla cura della famiglia. Tutti elementi che si riflettono direttamente sull’assegno pensionistico.
I numeri per categoria
Nel dettaglio, nel primo trimestre 2025, sono state liquidate56.271 pensioni di vecchiaia, 54.094 pensioni anticipate, 9.444 pensioni di invalidità, 49.272 pensioni ai superstiti e 25.501 assegni sociali Le gestioni coinvolte mostrano un panorama variegato: 83.260 pensioni nel FPLD, 16.791 tra i dipendenti pubblici, 20.732 tra gli artigiani, 17.740 tra i commercianti, 10.775 tra i parasubordinati e 8.098 tra i coltivatori diretti. Numeri che raccontano una platea ampia, diversificata per provenienza professionale e geografica.
Difatti l’analisi dei dati Inps conferma anche per il primo trimestre 2025 un elemento già noto: la distribuzione geografica dei pensionamenti rispecchia le disuguaglianze storiche del Paese. La maggior parte delle pensioni anticipate si concentra nelle regioni del Nord, dove si registra la più alta densità occupazionale e contributiva. È in queste aree che il sistema produttivo, caratterizzato da contratti stabili e anzianità contributiva, consente un accesso più diffuso alle opzioni di pensionamento anticipato. Il Centro segue con numeri medi, mentre il Sud e le Isole presentano un numero inferiore di pensionamenti, riflettendo carriere lavorative spesso discontinue e redditi più bassi. In particolare, la gestione dei lavoratori autonomi (significativa nel Mezzogiorno) mostra valori inferiori sia come numero di assegni sia come importi medi erogati.