domenica, 30 Marzo, 2025
Società

Povertà ed esclusione sociale in crescita: oltre 13 milioni gli italiani in difficoltà

Report Istat, nel 2024 il 23,1% della popolazione vive con redditi bassi, gravi privazioni o lavora troppo poco

Il rischio di povertà torna a crescere in Italia. Nel 2024, oltre 13 milioni e mezzo di persone in Italia si trovano in una condizione di fragilità economica. Lo dice l’ultimo report dell’Istat sulle condizioni di vita e sui redditi delle famiglie. Più precisamente, il 23,1% della popolazione è considerato “a rischio di povertà o esclusione sociale”, un dato in lieve crescita rispetto al 22,8% registrato nel 2023. Si tratta di un indicatore composito utilizzato anche a livello europeo che tiene conto di tre elementi: chi vive sotto la soglia di povertà, chi sperimenta una forte deprivazione materiale e sociale e chi appartiene a famiglie dove si lavora pochissimo.

Chi è considerato povero secondo l’Istat

Nel dettaglio, è considerato a rischio povertà chi vive in una famiglia il cui reddito annuo netto è inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. In parole semplici, questo significa vivere con meno di 12.363 euro all’anno. Nel 2024 questa condizione riguarda il 18,9% della popolazione italiana, una cifra stabile rispetto al 2023, che corrisponde a circa 11 milioni di persone.

Deprivazione materiale: cosa significa e chi ne soffre

Un altro segnale di difficoltà riguarda la “grave deprivazione materiale e sociale”, espressione tecnica che indica chi vive in condizioni economiche così difficili da non poter affrontare spese impreviste, pagare l’affitto o permettersi un pasto adeguato. Per rientrare in questa categoria bisogna presentare almeno sette segnali di disagio economico su tredici individuati a livello europeo. Nel 2024, il 4,6% della popolazione italiana, pari a oltre 2 milioni e 700mila persone, vive in queste condizioni. Il dato è sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente.

Chi lavora troppo poco rischia di più

Cresce invece il numero di persone che vivono in famiglie a “bassa intensità lavorativa”, cioè dove gli adulti tra i 18 e i 64 anni hanno lavorato meno di un quinto dell’anno. Questa condizione, che riflette una presenza molto debole nel mercato del lavoro, riguarda il 9,2% della popolazione, in aumento rispetto all’8,9% del 2023. I più colpiti sono i giovani soli sotto i 35 anni e i genitori single, che spesso faticano a conciliare lavoro e famiglia. Tra questi ultimi, la percentuale sale fino al 19,5%, il doppio rispetto alla media nazionale.

Nord e Sud: le distanze restano forti

Le differenze geografiche restano evidenti. Il Nord-est si conferma l’area con il minor rischio di povertà o esclusione sociale, con l’11,2% della popolazione coinvolta. All’opposto, nel Mezzogiorno il dato raggiunge il 39,2%, a testimonianza di un divario ancora ampio tra le diverse zone del Paese. Anche la composizione familiare incide molto: le coppie senza figli sono meno esposte al rischio, mentre le difficoltà aumentano con l’aumentare del numero dei componenti. Le famiglie numerose, come le coppie con almeno tre figli o quelle con cinque persone o più, vedono crescere sensibilmente l’incidenza della povertà. Anche i monogenitori e gli anziani soli sono tra i più colpiti.

Le pensioni non bastano, ma il lavoro dipendente protegge di più

Un altro elemento messo in luce dal report riguarda le fonti di reddito. Le famiglie che vivono principalmente di pensioni o trasferimenti pubblici sono tra le più vulnerabili: il 33,1% di queste è a rischio povertà o esclusione, in aumento rispetto al 31,6% del 2023. Migliora invece la situazione per chi ha come principale fonte di reddito il lavoro dipendente, con un rischio che scende dal 15,8% al 14,8%. Resta stabile per i lavoratori autonomi, attorno al 22,7%.

Famiglie straniere in difficoltà, ma in lieve miglioramento

Un segnale incoraggiante arriva dal miglioramento delle condizioni delle famiglie con almeno un cittadino straniero, che vedono scendere il rischio di povertà dal 40,1% al 37,5%. Al contrario, tra le famiglie composte solo da italiani, il dato cresce leggermente, passando dal 20,7% al 21,2%. Un divario che resta ampio, ma che mostra una timida inversione di tendenza per gli stranieri.

Redditi nominali in aumento, ma l’inflazione cancella i guadagni

Nel 2023 il reddito medio netto delle famiglie italiane è salito a 37.511 euro l’anno, circa 3.125 euro al mese. Si tratta di un aumento del 4,2% rispetto al 2022. Tuttavia, l’inflazione – che nello stesso periodo è stata del 5,9% – ha più che compensato questa crescita, causando un calo del potere d’acquisto. In termini reali, cioè considerando il costo della vita, i redditi familiari si sono ridotti dell’1,6%, segnando il secondo anno consecutivo di perdita.

Dove i redditi calano di più

Le regioni più colpite dalla riduzione dei redditi reali sono il Nord-est (-4,6%) e il Centro (-2,7%). Nel Mezzogiorno, la diminuzione è stata più contenuta (-0,6%), mentre nel Nord-ovest si è registrata una lieve crescita (+0,6%). Guardando a un periodo più lungo, dal 2007 a oggi, il calo complessivo è dell’8,7%. La flessione è più marcata per chi vive di lavoro autonomo (-17,5%) e dipendente (-11,0%). Al contrario, le famiglie che si basano su pensioni o trasferimenti pubblici hanno visto un aumento del reddito pari al 5,5%.

Il reddito mediano fotografa la realtà di molte famiglie

Per capire meglio la distribuzione della ricchezza, l’Istat calcola anche il reddito mediano, cioè quello che divide in due la popolazione: metà delle famiglie guadagna meno e l’altra metà di più. Nel 2023, questo valore è pari a 30.039 euro all’anno, ovvero circa 2.503 euro al mese. Le famiglie del Nord-est sono quelle che guadagnano di più, mentre quelle del Mezzogiorno hanno i redditi più bassi, inferiori del 28% rispetto alla media nazionale.

Famiglie numerose e anziani soli tra i più svantaggiati

Le differenze nei redditi variano molto a seconda del tipo di famiglia. Le coppie con figli hanno redditi più alti, soprattutto se entrambi i genitori lavorano. Tuttavia, all’aumentare del numero di figli il reddito mediano si abbassa. Le famiglie con tre o più figli guadagnano meno rispetto a quelle con uno o due. I monogenitori hanno un reddito mediano di 31.451 euro, mentre gli anziani soli spesso non superano i 17.681 euro l’anno, cioè circa 1.473 euro al mese. Le coppie senza figli, se formate da persone anziane, hanno un reddito sensibilmente più basso rispetto a quelle più giovani.

Famiglie straniere penalizzate

Infine, le famiglie con almeno un cittadino straniero hanno un reddito mediano inferiore di circa 5.400 euro rispetto a quelle composte solo da italiani. Il divario si allarga nel Mezzogiorno, dove il reddito delle famiglie con stranieri è pari solo al 62% di quello delle famiglie italiane.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Stretta su migranti e passaporti: il governo accelera su Albania e discendenza italiana

Stefano Ghionni

Ucraina, l’Italia dice no all’invio di truppe: “Sostegno sì, ma niente soldati sul campo”

Stefano Ghionni

Cnpr forum, Rozera (Unicef Italia): “In prima linea per proteggere i bambini”

Redazione

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.