Tutto come previsto, nessun colpo di scena particolare: con 419 voti favorevoli, 204 contrari e 46 astensioni, il Parlamento Europeo ha dato il via libera ieri alla risoluzione sul futuro della difesa dell’Unione europea, incluso il piano ‘ReArm Europe’, proposto dalla Presidente della Commissione Ursula von derLeyen il 4 marzo 2025. Il testo, noto come ‘Libro bianco sulla difesa europea’, sottolinea l’urgenza di rafforzare la sicurezza dell’Ue e invita gli Stati membri ad adottare misure simili a quelle in tempo di guerra per fronteggiare le minacce esterne. Nel documento si critica la posizione degli Stati Uniti, accusati di voler riavvicinarsi alla Russia di Vladimir Putin.
Il voto italiano
Ma di certo le forze politiche italiane si sono espresse in maniera divisa per quella che può essere definita come una vera propria spaccatura. Ecco il perché. Fratelli d’Italia ha votato a favore, sostenendo la necessità di una difesa comune più solida. Anche Forza Italia ha espresso un voto favorevole, allineandosi alla posizione del Partito popolare europeo e del gruppo dei Conservatori e Riformisti. A favore anche una parte del Partito democratico, con 10 eurodeputati che hanno sostenuto la risoluzione, mentre 11 si sono astenuti. Nessun voto contrario dai dem, nonostante la Segretaria Elly Schlein avesse espresso riserve sul piano, definendolo “una direzione sbagliata”. La componente riformista del partito ha prevalso, con esponenti come Stefano Bonaccini e Irene Tinagli che hanno sostenuto il piano di difesa, mentre altri, più vicini alla linea della segretaria, hanno optato per l’astensione.
Il Movimento 5 Stelle e la Lega si sono schierati compatti contro la risoluzione, criticando l’allocazione di fondi per la difesa a discapito di sanità e istruzione: “Non si poteva investire un euro in più per scuola e sanità, ma ora si trovano 800 miliardi per il riarmo europeo?” ha tuonato Matteo Salvini. Anche il gruppo dei Verdi europei, insieme alla delegazione di Alleanza Verdi Sinistra, ha bocciato la proposta, definendola un’operazione di militarizzazione non condivisa dal Parlamento.
“Il nostro è un no, nel merito e nel metodo. La difesa comune non deve passare dal rafforzamento dei singoli eserciti nazionali, ma da un processo di integrazione europea che permetta una razionalizzazione della spesa”, hanno dichiarato in una nota gli eurodeputati Verdi italiani. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha contestato duramente il piano, accusando von derLeyen di “follia bellicista” e il Premier Giorgia Meloni di sostenere scelte che non erano nel programma elettorale del governo.
Più forte l’Europa, più sicura la pace
Fratelli d’Italia ha difeso il piano ‘ReArm Europe’, ribadendo che un’Europa più forte militarmente garantisce maggiore stabilità. Il partito aveva proposto un emendamento per modificare il nome del piano in ‘Defend Europe’, tentativo però respinto dalla maggioranza. Anche il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso soddisfazione per l’approvazione del piano, ricordando come la difesa comune fosse un obiettivo di Alcide De Gasperi e Silvio Berlusconi: “L’Europa deve agire con urgenza per garantire la sicurezza dei suoi cittadini. Il sogno di una difesa comune diventa finalmente realtà”. Il leader di FdI ha ribadito l’importanza di un’azione coordinata tra i Paesi membri per evitare sprechi e massimizzare l’efficienza delle risorse investite nella difesa.
La reazione di Mosca
Dure critiche sono arrivate dalla Russia. Il Ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha definito Ursula von der Leyen “la Fuhrer dell’Europa”, accusandola di voler mobilitare il continente verso una nuova corsa al riarmo: “L’Ue sta spendendo somme incredibili per il riarmo, mentre i cittadini europei affrontano difficoltà economiche e crisi sociali”. Secondo Mosca, il piano ‘ReArm Europe’ sarebbe un pretesto per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai fondi spesi durante la pandemia e dagli aiuti all’Ucraina, senza un adeguato controllo democratico.
L’impatto economico del piano
Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sottolineato che l’impegno dell’Italia nel piano di riarmo europeo dovrà essere accompagnato da una strategia di politica industriale: “Se l’Italia deve rispettare gli impegni Nato e investire il 2% del Pil nella difesa, questo sforzo deve tradursi in un ritorno economico per l’industria nazionale. Le aziende italiane del settore devono beneficiare di questo processo, creando crescita e posti di lavoro”. Il piano ‘ReArm Europe’, infatti, prevede una maggiore collaborazione tra gli Stati membri per lo sviluppo e la produzione congiunta di equipaggiamenti militari, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dell’Europa dalle forniture di armamenti esteri, in particolare dagli Stati Uniti.