Mentre la tensione tra Israele, Cisgiordania e Libano si acuisce, la Siria, che sembrava pacificata con tanto di esclusione del governo provvisorio dalla lista delle organizzazioni considerate terroristiche dall’Occidente, torna al centro di un’ondata di violenza senza precedenti. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, negli ultimi giorni almeno 340 civili appartenenti alla minoranza alawita sono stati uccisi nella regione costiera di Latakia dalle forze governative e dai loro alleati. L’ondata di violenza è scoppiata dopo l’offensiva dei ribelli che, a dicembre scorso, ha portato alla deposizione dell’ex presidente Bashar al-Assad, lui stesso di origine alawita. Gli scontri hanno avuto epicentro nelle regioni costiere e sulle montagne di Latakia, considerate storicamente roccaforti della comunità alawita.
Le vittime, denunciano gli attivisti, sarebbero state giustiziate sommariamente dalle forze governative e da gruppi armati filo-regime, con saccheggi di abitazioni e proprietà. Il numero complessivo di morti negli scontri di questi giorni ha ormai superato le 550 unità, con 93 membri delle forze di sicurezza del nuovo governo e 120 combattenti ancora fedeli ad Assad tra le vittime. Ahmed al-Sharaa, noto come Jolani, leader delle forze ribelli in Siria, ha lanciato un appello diretto agli insorti alawiti, invitandoli a deporre le armi prima che la situazione degeneri ulteriormente. Il suo discorso, trasmesso su Telegram, è arrivato mentre le operazioni militari si intensificano in diverse aree della Siria. L’instabilità nel Paese preoccupa anche l’Iran: il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Esmaeil Baqaei, ha espresso “grande preoccupazione” per la violenza in corso, sottolineando l’importanza di preservare l’unità e l’integrità territoriale della Siria.
Gaza e Cisgiordania: nuova escalation
Parallelamente in Cisgiordania un’operazione dell’Idf ha danneggiato la storica moschea di al-Nasr a Nablus, provocando indignazione tra le autorità religiose locali. Il direttore degli affari islamici di Nablus, lo sceicco Nasser al-Salman, ha denunciato la profanazione di sei moschee storiche, accusando Israele di un piano sistematico di attacchi ai luoghi sacri. Da parte sua il gruppo yemenita degli Houthi ha lanciato un ultimatum a Israele, minacciando di riprendere le operazioni militari se non verranno garantiti gli aiuti umanitari a Gaza. “Non possiamo restare inerti mentre l’escalation israeliana continua e gli aiuti vengono bloccati”, ha dichiarato Sayyed Abdulmalik al-Houthi, leader del movimento armato. A Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, due persone sono state uccise in un attacco aereo israeliano, secondo quanto riportato dai media palestinesi e da The Times of Israel. Inoltre, nel campo profughi di Tulkarem, in Cisgiordania, l’ONU denuncia la demolizione di 16 edifici da parte delle forze israeliane, mentre migliaia di palestinesi sono stati sfollati a causa delle operazioni militari in corso.
raid israeliani in Libano
L’esercito israeliano ha condotto attacchi aerei nel sud del Libano, colpendo depositi di armi e rampe di lancio missilistiche appartenenti a Hezbollah. L’IDF ha dichiarato di aver preso di mira obiettivi strategici che rappresentavano una minaccia per Israele, accusando il gruppo libanese di violare gli accordi bilaterali. Gli attacchi arrivano in un contesto di crescente tensione tra Israele e Hezbollah, che negli ultimi mesi ha intensificato le sue attività lungo il confine.