Circa 29 membri di un cartello messicano, accusati di violenza e traffico di droga, tra cui l’uomo accusato dell’omicidio di un agente della DEA nel 1985, sono stati trasferiti negli Stati Uniti. L’amministrazione Trump, minacciando tariffe del 25% sulle importazioni, ha spinto il Messico a contrastare immigrazione illegale, cartelli e produzione di fentanyl. Tra i deportati c’è Rafael Caro Quintero, noto narcotrafficante accusato dell’omicidio dell’agente Enrique Camarena. Arrestato nel 2022, Quintero è ora in custodia negli USA per essere processato. Tra i trasferiti figurano membri di cinque cartelli messicani, definiti come “organizzazioni terroristiche” dall’amministrazione Trump, inclusi i fratelli Miguel e Omar Treviño Morales, ex leader del cartello Los Zetas. I due, accusati di continuare a gestire il cartello del Nordest nonostante fossero imprigionati, sono stati estradati dopo un lungo procedimento avviato con i loro arresti nel 2013 e 2015. Anche Vicente Carrillo Fuentes, ex capo del cartello di Juárez e fratello del noto narcotrafficante Amado Carrillo Fuentes, e leader del cartello di Sinaloa, è tra i deportati. Pam Bondi, procuratore generale USA, ha dichiarato che i sospettati saranno perseguiti con il massimo rigore della legge. In cambio della sospensione dei dazi sulle importazioni, Trump aveva richiesto misure più incisive contro i cartelli, l’immigrazione illegale e la distribuzione di fentanyl. L’analista David Saucedo ha definito questa operazione una concessione del Messico agli USA, avvertendo che potrebbe provocare reazioni violente da parte dei cartelli. Per anni, un tacito accordo aveva permesso ai boss di scontare le pene in patria, mantenendo il controllo delle loro attività criminali. Ora, con questa svolta, si rompe un equilibrio che potrebbe generare conseguenze imprevedibili.
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