Berlusconi rovina i sogni di Salvini. Eppure fino a qualche mese fa il padre padrone di Forza Italia sembrava essersi rassegnato alla sudditanza politica verso il leader leghista, forte di un consenso crescente che a novembre era arrivato a superare il 34%. Da quel picco è poi iniziata una discesa nei sondaggi che oggi danno la Lega ben sotto il 30%, intorno al 25-26%, stesso livello che aveva alla vigilia delle lezioni del 2018.
il Cavaliere, che dal suo buen retiro di Nizza ha preso di recente posizioni molto sagge ed equilibrate su varie questioni, si è rifiutato di firmare la mozione di sfiducia di Salvini e Meloni contro il ministro dell’Economia Gualtieri e ha annunciato il voto favorevole ad una eventuale decisione del Governo di accettare le linee di credito speciali del MES vincolate alle spese sanitarie. Un doppio strappo che non sarà senza conseguenze.
La coalizione di centro-destra in realtà non esiste più da tempo. Esiste una destra che detta la linea in quell’area che prima aveva il suo centro di gravità in una forza moderata e vagamente liberale. Salvini ha spostato l’asse su posizioni sempre meno liberali, sempre più anti europee e col suo sovranismo esasperato e le simpatie verso regimi autoritari ha segnato un solco profondo con quella che era sempre stata dal 1994 in poi una formazione centrista, europeista, saldamente occidentale. A questa deriva Forza Italia non è stata in grado finora di opporsi e ha progressivamente arretrato le sue posizioni finendo in una umiliante subalternità verso il capitano leghista al punto che molti forzisti si sono chiesti se avesse ancora senso restare in un partito divenuto l’ombra di se stesso e non solo per il crollo nei consensi.
Il doppio no di Berlusconi alle ultime iniziative di Salvini non prelude a un cambio di maggioranza, impossibile in questo contesto, ma sicuramente è un segnale che Forza Italia vuole recuperare un proprio spazio politico e che una stagione di estremismo dominante in quell’area forse volge al termine.
L’ex centro-destra infatti è diventato a doppia trazione di destra non solo per effetto della politica salviniana ma anche per l’aumento inatteso dei consensi verso Fratelli d’Italia che, dal 4,5% del 2018 sono accreditati di un 14,1% quasi il doppio di Forza Italia.
Rispetto al 2018 quando la Lega aveva il 17,3%, FdI il 4,5% e Forza Italia il 14% lo scenario oggi è radicalmente mutato ma potrebbe cambiare ancora nei prossimi mesi. Fratelli d’Italia, probabilmente continuerà ad aumentare, anche se a ritmi più ridotti, il suo consenso. Forza Italia se riesce ritagliarsi spazi di autonomia potrebbe recuperare ancora qualche posizione ed ambire a tornare intorno al 10%.
Il vero problema è invece la tenuta della Lega. Quando Salvini ha iniziato la galoppata che lo ha reso vero padrone del 1° governo Conte e spinto fino a raddoppiare i consensi nelle intenzioni di voto non c’è stato spazio per nessuno nel partito. Ma, come succede sempre in politica, quando un leader sbaglia una mossa importante e cominciano a calare i consensi, le voci dissidenti e sopite rialzano il volume.
Già durante l’estate alcuni non avevano gradito l’esasperazione dei toni della campagna balneare di Salvini. E in tanti non avevano condiviso la scelta di mandare a gambe all’aria il governo. Primo fra tutti Giancarlo Giorgetti. La gestione salviniana del partito durante l’emergenza sanitaria ha peggiorato il quadro interno del partito dimostrando crepe sempre più profonde. Salvini ha preso posizioni ondivaghe, spesso contraddittorie e, polarizzando tutte le sue attenzioni sulla difesa del Presidente della Lombardia Fontana, ha mostrato fastidio verso l’altro presidente leghista, Zaia che ha gestito con maggiore abilità la crisi sanitaria in Veneto. A molti leghisti non piace che Salvini spesso si accodi a posizioni espresse in maniera più netta e credibile da Giorgia Meloni. L’oltranzismo antieuropeo sta sempre più stretto a molti leghisti che hanno più da vicino il polso delle aziende preoccupate di un isolamento o peggio di un’uscita dell’Italia dal contesto europeo.
Salvini, probabilmente, rimarrà attestato sulle sue rigide posizioni. Ma la partita è nelle mani di Berlusconi: se continuerà a correggere la rotta e si riprenderà lo spazio moderato e centrista, la tenuta della Lega sarà messa a dura prova e non si può escludere che la leadership incontrastata del “capitano” possa essere duramente messa in discussione.
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