L’ Artico ha registrato il suo secondo anno più caldo, con la tundra passata da serbatoio di carbonio a fonte di emissioni a causa dello scioglimento del permafrost, che rilascia metano. Questo fenomeno intensifica il riscaldamento globale. Secondo il rapporto della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), il cambiamento climatico sta trasformando gli ecosistemi artici, riscaldandosi da due a quattro volte più velocemente rispetto al resto del mondo. Negli ultimi nove anni, l’Artico ha registrato temperature medie tra le più alte dal 1900, un fenomeno noto come amplificazione artica. La perdita di neve e ghiaccio marino svela superfici più scure che assorbono più calore. I modelli di circolazione trasportano più calore verso i poli. Gli incendi artici e lo scioglimento dei ghiacci influenzano anche le aree abitate, contribuendo all’innalzamento del mare. “Questi problemi ci coinvolgono tutti – afferma Brendan Rogers del Woodwell Climate Research Center – Il rapporto analizza il ciclo del carbonio nell’Artico, osservando il rilascio di gas serra dal permafrost. La regione del permafrost contiene il doppio del carbonio atmosferico e tre volte quello delle foreste mondiali”. Storicamente, erano serbatoi di carbonio, ma ora rilasciano anche metano. Gli incendi boschivi, che contribuiscono alle emissioni artiche, hanno costretto, l’anno scorso, all’evacuazione di Yellowknife, capitale dei Territori del Nord-Ovest del Canada. I record di temperatura sono basati sull’anno idrico artico, da ottobre 2023 a settembre 2024. A settembre, l’estensione del ghiaccio marino era la sesta più bassa degli ultimi 45 anni, con estensioni ridotte del 50% dagli anni ’80. La tundra artica è risultata la seconda più verde dal 2000, con più arbusti che si espandono.