Decine di migliaia di civili sono fuggiti ieri da Homs, la terza città della Siria e un collegamento chiave verso Damasco, temendo l’avanzata delle forze ribelli del gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (Hts) che ha preso le città di Aleppo e Hama, a soli 40 chilometri più a nord.
Rami Abdel Rahmane, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh), ha denunciato un “esodo di massa di siriani alawiti dai quartieri di Homs, decine di migliaia diretti verso la costa siriana”. Secondo l’Ong, dal loro inizio il 27 novembre con l’offensiva partita da Idlib (nord-ovest) e la conquista di decine di località, le ostilità hanno provocato più di 800 morti. “Quello che è successo oggi” ad Hama “è una misura tattica temporanea, le nostre forze sono ancora vicino alla città”, ha detto il ministro della Difesa siriano Ali Abbas, riferendosi ad una “ridistribuzione” delle truppe governative.
La battaglia per Homs deciderà chi governerà il paese
“La battaglia di Homs è la madre di tutte le battaglie e deciderà chi governerà la Siria”, ha continuato Rami Abdurrahman. La provincia di Homs è la più grande della Siria e confina con Iraq Libano e Giordania, i quali hanno chiuso tutte le frontiere. La città, alcune parti della quale sono state sotto il controllo dei ribelli sin al 2014, è un importante punto di intersezione fra la capitale Damasco e le province costiere siriane di Latakia e Tartus, dove il presidente siriano Bashar Assad gode di ampio sostegno.
Jihadisti: “rovesciare Assad”
Abu Mohamed al Jolani, leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), ha dichiarato In un’intervista esclusiva alla Cnn,che l’obiettivo della coalizione dei ribelli è “in definitiva rovesciare l’autoritario presidente Bashar al-Assad”. Nella sua prima intervista da anni – l’ultima con un media occidentale è stata su France 24 un anno fa – in una località segreta della Siria, ha parlato all’emittente americana dei piani per creare un governo basato sulle istituzioni e su un “consiglio eletto”. “Quando parliamo di obiettivi, l’obiettivo della rivoluzione rimane il rovesciamento di questo regime. È nostro diritto utilizzare tutti i mezzi disponibili per raggiungere questo obiettivo”, ha affermato. “Gli iraniani hanno cercato di rilanciare il regime, guadagnandogli tempo, e in seguito anche i russi hanno cercato di sostenerlo. Ma la verità resta la stessa: questo regime è morto”, ha sottolineato.
Erdogan: “l’obiettivo è Damasco”
“La marcia dell’opposizione continua” in Siria, a “Idlib, Hama e Homs, e l’obiettivo è, ovviamente, Damasco”, ha affermato il presidente turco Tayyip Erdogan parlando con i giornalisti dopo la preghiera del venerdì. Ha poi aggiunto di non aver ancora ricevuto una risposta positiva da Assad alla richiesta di incontro e di normalizzazione dei rapporti che aveva fatto all’inizio dell’anno. “I progressi dell’opposizione stanno continuando… La nostra speranza è che questo cammino in Siria continui senza problemi”, ha concluso.
Iran pronto a mandare missili e personale in Siria
Dall’altro lato l’Iran intende inviare missili e droni in Siria per sostenere il presidente Bashar al-Assad. Venerdì a Reuters un alto funzionario iraniano ha detto: “È probabile che Teheran abbia bisogno di inviare attrezzature militari, missili e droni in Siria… Teheran ha preso tutte le misure necessarie per aumentare il numero dei suoi consiglieri militari in Siria e dispiegare le forze”, ha detto il funzionario a condizione di anonimato. “Ora Teheran sta fornendo alla Siria intelligence e supporto satellitare”.
Hezbollah invia forze in Siria
Hezbollah ha inviato un piccolo numero di “forze di supervisione” dal Libano alla Siria durante la notte per aiutare a impedire ai combattenti antigovernativi di conquistare la città strategica di Homs, hanno riferito a Reuters due fonti di sicurezza libanesi di alto livello. Un ufficiale militare siriano e due funzionari regionali vicini a Teheran hanno anche detto a Reuters che le forze d’élite di Hezbollah sostenute dall’Iran erano passate dal Libano durante la notte e avevano preso posizione a Homs.
Times of Israel: proposta aggiornata tregua non da Israele ma da Egitto
Il Times of Israel citando un funzionario israeliano ha precisato ieri che la proposta aggiornata di accordo sugli ostaggi presentata a Hamas dall’Egitto non era un’offerta israeliana ma del Cairo. Israele, sottolinea il giornale, è completamente disponibile a discutere l’iniziativa, specificando che in ogni caso non si tratta di far finire la guerra, ma di un cessate il fuoco esteso che consentirà agli ostaggi anziani, bambini, donne e feriti gravi di essere rilasciati. Hamas non ha ancora commentatola proposta e, se lo farà, Israele invierà una delegazione al Cairo per negoziare, ha sottolineato il funzionario. Israele “ha interesse” che l’Egitto rimanga al centro dei colloqui, afferma il funzionario, aggiungendo che il Qatar rimane aggiornato dietro le quinte e vorrà prendere parte pienamente alla mediazione se ci saranno progressi. Il funzionario afferma che la minaccia del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump di punire i responsabili se gli ostaggi non saranno rilasciati prima del suo insediamento dovrebbe avere un effetto positivo sui tentativi di raggiungere un accordo.