Le figlie di Malcolm X, il leader per i diritti civili assassinato nel 1965, hanno avviato una causa contro l’FBI, la CIA e il Dipartimento di Polizia di New York, accusandoli di complicità nell’omicidio del padre. La denuncia da 100 milioni di dollari, presentata a Manhattan, sostiene che le agenzie fossero a conoscenza dell’omicidio e non agirono per impedirlo. L’avvocato Ben Crump, che rappresenta le figlie, ha dichiarato che il governo e varie agenzie cospirarono contro Malcolm X. La causa descrive una “relazione corrotta e illegale” tra le forze dell’ordine e “assassini spietati”, protetti da agenti governativi, che portò alla morte del leader di colore. “Le impronte del governo sono ovunque sull’assassinio di Malcolm X – ha dichiarato Crump – La famiglia ha sofferto per decenni il “dolore dell’ignoto”, senza sapere chi fosse l’assassino, il motivo, o il coinvolgimento di NYPD, FBI e CIA. Il danno subito dalla famiglia Shabazz è inimmaginabile”. Gli avvocati hanno citato anche l’uccisione di altri leader neri, come Fred Hampton delle Pantere Nere nel 1969, e l’operazione COINTELPRO dell’FBI contro gruppi politici. Malcolm X, nato Malcolm Little a Omaha, fu ucciso il 21 febbraio 1965 a Manhattan, davanti a centinaia di persone. Tre uomini furono condannati, ma due di loro sono stati assolti nel 2021 dopo che nuove indagini hanno rivelato prove nascoste. Mustafa Hassan, membro della sicurezza del leader di colore, cercò di fermare un uomo armato, Thomas Hagan detto “Talmadge X Hayer”. La polizia impedì ai seguaci della vittima di picchiarlo. Malcolm X predicava un messaggio più radicale rispetto a Martin Luther King Jr. ed era una figura chiave della Nation of Islam, sostenendo i diritti civili dei neri “con ogni mezzo necessario”. Successivamente si distaccò dal gruppo, che lo accusò di tradimento.