giovedì, 21 Novembre, 2024
Economia

Cgia: “Concordato preventivo biennale, le adesioni sono deludenti”

Secondo l’Associazione ci sono dubbi sulla reale entità dell’evasione fiscale degli italiani

Il Concordato preventivo biennale, pensato per regolare la compliance fiscale dei lavoratori autonomi e delle imprese, ha finora registrato un’adesione ben al di sotto delle aspettative. Secondo i dati preliminari del Ministero dell’Economia e delle Finanze, solo 500.000 partite Iva hanno aderito al Cpb, circa l’11% delle potenziali 4,5 milioni di attività interessate, generando per l’erario un incasso di 1,3 miliardi di euro, ben al di sotto dei 2 miliardi previsti (ogni aderente ha mediamente versato 2.600 euro). Un risultato, considerato insufficiente, che ha sollevato interrogativi sull’effettiva incidenza dell’evasione fiscale tra gli autonomi. Secondo la Cgia, i dati del Mef potrebbero sovrastimare l’evasione fiscale dei lavoratori autonomi. Le stime ufficiali stimano un tax gap complessivo di 82,4 miliardi di euro, di cui 29,5 miliardi riconducibili all’Irpef non versata dai lavoratori autonomi, una cifra che suggerisce una propensione al mancato pagamento del 70%. Ma l’Associazione artigiani e piccole imprese mette in dubbio questa stima, soprattutto se si considera che i redditi dichiarati dagli autonomi al Nord nel 2021 si attestano su una media di 33.000 euro lordi annui. Per rispettare i calcoli del Mef, questi lavoratori dovrebbero, in media, dichiarare più del doppio, una cifra considerata irrealistica dati i limiti operativi e di risorse delle piccole imprese individuali.

Il Cpb offriva una soluzione particolarmente vantaggiosa per chi desiderava regolarizzare la propria posizione fiscale: in cambio di un piccolo incremento delle dichiarazioni fiscali e un pagamento immediato, i sottoscrittori ottenevano una riduzione delle ispezioni da parte dell’Agenzia delle Entrate per due anni. Nonostante l’apparente convenienza, l’adesione è rimasta al di sotto delle aspettative. Questo potrebbe suggerire, secondo la Cgia, che il livello di evasione fiscale tra gli autonomi sia meno grave di quanto stimato dal Mef. Inoltre, il Cpb, pur concepito come strumento per “bloccare” l’attività di accertamento per i sottoscrittori, potrebbe non essere stato percepito come vantaggioso da una categoria già sottoposta a frequenti controlli

La questione dei controlli

Contrariamente a quanto si crede, i lavoratori autonomi e le piccole imprese non sono soggetti a pochi controlli. Nel 2023 sono state inviate oltre 2,6 milioni di lettere di compliance e svolti più di 3,5 milioni di verifiche fiscali dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza. In totale, circa il 65% delle partite Iva è stato soggetto a ispezioni. Inoltre, chi lavora nei settori della sicurezza sul lavoro, assicurazioni e contrattualistica è ulteriormente monitorato, per cui l’idea di una compliance fiscale quasi inesistente appare infondata. Per recuperare il gettito fiscale mancato, il governo sembra orientato verso una riapertura dei termini per l’adesione al Cpb fino al 10 dicembre. Questa decisione potrebbe consentire di raccogliere almeno un altro miliardo, ma al contempo è un’ammissione implicita del fatto che il primo tentativo non ha raggiunto i risultati sperati.

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