Il candidato repubblicano alla presidenza, Donald Trump, ha dichiarato, lunedì, ai suoi sostenitori di “non essere un nazista”, respingendo le accuse di autoritarismo, tra cui quelle di un ex capo dello staff che lo aveva definito fascista. Sia lui che la candidata democratica, Kamala Harris, hanno intensificato la retorica politica, alimentando una campagna già accesa. Harris ha accusato il tycoon di promuovere divisioni. “La nuova linea di Kamala e della sua campagna è che chi non vota per lei è un nazista – ha affermato Trump ad Atlanta – Non sono un nazista. Sono l’opposto di un nazista”. Queste dichiarazioni seguono il mega-comizio del tycoon al Madison Square Garden di New York. Le campagne di entrambi i candidati cercano di conquistare gli elettori ebrei. “Donald Trump esige lealtà, ma non è leale a nulla se non a se stesso – ha dichiarati Douglas Emhoff, marito ebreo della Harris – Se fosse nei suoi interessi, volterebbe le spalle a Israele e al popolo ebraico senza pensarci due volte. C’è un incendio in questo paese e possiamo versarvi sopra acqua o benzina – ha continuato – Ogni volta che il caos e la crudeltà vengono incoraggiati, l’odio per gli ebrei non rimane mai indietro. E questo è cruciale oggi perché Donald Trump è solo un agente di caos e crudeltà”. Emhoff ha annunciato che, se Harris fosse eletta, considererebbe l’idea di mettere una mezuzah alla Casa Bianca, come hanno fatto alla residenza del vicepresidente a Washington. Dal canto suo, Trump ha accusato Harris e il presidente in carica Joe Biden di mettere a rischio Israele con le loro politiche, un’accusa ripetuta a un comizio al Madison Square Garden.