Uno studio innovativo condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), recentemente pubblicato sulla rivista ‘Scientific Reports’ di Nature, ha evidenziato le differenze tra le emissioni di anidride carbonica di origine antropica e quelle vulcanico-idrotermali nella regione. La ricerca “Unveiling spatial variations in atmospheric CO2sources: a case study of metropolitan area of Naples, Italy” ha analizzato la composizione degli isotopi stabili del carbonio e dell’ossigeno nell’anidride carbonica (CO2) atmosferica della città di Napoli che, in sé, costituisce una delle zone più densamente popolate d’Europa.
Variabilità delle sorgenti di CO2
“Mentre nell’area urbana di Napoli l’aumento dell’anidride carbonica dipende principalmente dalla combustione di idrocarburi, in alcune aree intorno alla Solfatara di Pozzuoli l’eccesso di CO2 deriva chiaramente dalle attività vulcaniche e idrotermali”, afferma Roberto Di Martino, ricercatore della Sezione di Palermo dell’INGV e primo autore dello studio. “Questo ci ha motivato a cercare di comprendere meglio la variabilità delle sorgenti di CO2 e di quantificare il contributo di ciascuna fonte nelle diverse aree”. Le analisi isotopiche sono estremamente utili per distinguere le diverse fonti di anidride carbonica. Questo è possibile perché i vari processi di produzione di CO2 lasciano una “firma isotopica” specifica che i ricercatori possono rilevare e interpretare. Lo studio ha inoltre dimostrato come l’analisi effettuata permetta una migliore caratterizzazione della componente magmatica/idrotermale della CO2 rispetto alla componente antropogenica, fornendo potenzialmente indicazioni sulla dinamica vulcanica flegrea e sulle variazioni climatiche.
Mirare meglio gli interventi
“Identificare con precisione le sorgenti di emissione è cruciale per promuovere azioni concrete di contrasto al cambiamento climatico. Le determinazioni di carbonio e ossigeno, infatti, rappresentano una svolta importante nelle azioni di contrasto alle cause del riscaldamento globale”, prosegue Sergio Gurrieri, ricercatore della Sezione di Palermo dell’INGV e co-autore dello studio. In linea con le direttive dell’European Green Deal, che mira a rendere l’Europa il primo continente a zero emissioni di carbonio, la Commissione Europea sta promuovendo misure concrete per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030. Queste iniziative sono supportate dal piano di resilienza NextGenerationEU e avranno un impatto diretto sulle economie e sulla vita dei cittadini europei. Antonio Paonita, Direttore della Sezione di Palermo dell’INGV e co-autore della ricerca, sottolinea: “L’Europa sta investendo ingenti risorse per affrontare la crisi climatica, ma il successo dipenderà dalla nostra capacità di comprendere e monitorare le fonti di emissione locali. Attraverso un controllo dettagliato delle sorgenti potremo garantire una reale riduzione delle emissioni.”
Monitoraggio anche a Palermo
Il team ha utilizzato un laboratorio mobile dotato di tecnologie di spettrofotometria laser per misurare la composizione isotopica e la concentrazione dell’anidride carbonica nell’aria. Per migliorare ulteriormente la capacità di monitorare l’anidride carbonica atmosferica in tempo reale, il team dell’INGV ha avviato nella Sezione di Palermo la realizzazione di una rete sperimentale chiamata Atmospheric Carbon and Oxygen Laboratory (ACO-Lab), che prevede l’installazione di stazioni di monitoraggio in alcune delle città italiane più popolate e in zone meno urbanizzate per controlli comparativi. “La prima stazione è stata attivata a Palermo nell’autunno del 2023 e fornisce dati ad alta frequenza, pubblicati ogni ora online. “Questo tipo di infrastruttura offre una nuova prospettiva sul monitoraggio delle emissioni di CO2 e potrebbe avere un ruolo chiave nella definizione di future politiche ambientali, a livello sia locale che globale. I risultati del nostro studio dimostrano come un’azione scientifica mirata possa contribuire significativamente alla mitigazione del cambiamento climatico e alla protezione della salute pubblica”, conclude Roberto Di Martino.