mercoledì, 3 Luglio, 2024
Ambiente

Oncologia e ambiente, la comunità sanitaria al lavoro per la salute globale

“Gli studi clinici sono indispensabili per sviluppare nuovi trattamenti e per valutare e ottimizzare gli strumenti oggi disponibili, ma non possiamo trascurare l’impatto ambientale della ricerca clinica”. Lo scrive Pawel Sobczuk, oncologo presso l’Istituto nazionale di ricerca oncologica Maria Skłodowska-Curie di Varsavia, in un articolo pubblicato su ESMO Daily Reporter, il sito di aggiornamento ufficiale della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO).
Nel contesto della visione integrata di ‘One Health’, che collega il benessere dell’ambiente, degli esseri umani e degli animali per promuovere la salute globale, l’oncologia e la pratica medica in generale stanno affrontando la sfida di preservare l’ambiente senza compromettere la cura dei pazienti.

L’impatto ambientale delle attività cliniche

Un aspetto cruciale da considerare è l’impatto ambientale delle attività cliniche, con gli studi oncologici che contribuiscono in modo significativo alle emissioni di CO2. Secondo esperti come Sobczuk, i singoli studi clinici possono generare fino a 100 mega tonnellate di CO2e all’anno, pari alle emissioni di un intero Paese come il Belgio (dove risiedono 11,5 milioni di persone). Questo ha spinto i ricercatori a valutare l’impronta di carbonio di ogni studio per ridurne l’effetto sull’ambiente. “Per un ricercatore clinico sarebbe utile conoscere l’impatto ambientale di ciascun singolo studio clinico per ridurre l’impronta di carbonio (la cosiddetta “carbon footprint”) derivante dalle attività di ricerca”, spiega Sobczuk.
Anche altri studi recenti hanno evidenziato che una singola ricerca oncologica sul tumore del polmone può produrre migliaia di tonnellate di CO2e, con oltre la metà delle emissioni derivanti dalle attività sperimentali cliniche. Per esempio, in un articolo pubblicato nel 2023 sulla rivista BMJ Open, gli autori hanno stimato che nei primi 3 anni di una ricerca oncologica sul tumore del polmone sono state prodotte circa 1.632 tonnellate di CO2e. Oltre alle indagini cliniche, anche pratiche quotidiane come l’uso di materiali monouso, lo smaltimento non corretto dei rifiuti e i viaggi necessari per le cure incidono sull’impatto ambientale della medicina.

È tempo di agire

Per affrontare questa sfida, varie associazioni come la Sustainable Healthcare Coalition, una partnership di aziende sanitarie e sistemi sanitari nazionali in Inghilterra e in Scozia, stanno promuovendo pratiche sostenibili nella sanità e nei trial clinici. All’interno della partnership, il Low Carbon Clinical Trials Working Group ha sviluppato strategie per ridurre le emissioni, inclusa la decentralizzazione degli studi per minimizzare gli spostamenti. Inoltre, i medici sono incoraggiati ad adottare sempre più pratiche più sostenibili, come il corretto riciclo dei rifiuti e la riduzione degli esami clinici non necessari. Per esempio, come è stato riportato nei risultati di uno studio pubblicato sul Medical Journal of Australia, un esame del sangue completo può emettere fino a 116 grammi di CO2e, equivalenti a percorrere 770 chilometri in auto. Nello studio, si sottolinea inoltre che anche l’uso della telemedicina e dell’Intelligenza Artificiale può contribuire a rendere più sostenibili le pratiche mediche e oncologiche. Ma secondo i ricercatori, affinché ciò accada servirà un cambio drastico di mentalità e un impegno concreto da parte di tutta la comunità sanitaria contro i cambiamenti climatici.

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