Fino a qualche anno ostentare interesse verso le nuove generazioni era un atto quasi dovuto. Una retorica che veniva definita “giovanilismo” per segnalare un uso propagandistico del riferimento alle nuove generazioni da parte degli adulti.
Non c’era discorso politico che non iniziasse o terminasse con l’evocazione dei giovani. Di questo giovanilismo erano pieni anche molti commenti di maîtres à penser.
Si trattava certamente di un eccesso, talora anche di una strumentalizzazione della tematica giovanile. Ma era, pur sempre, una manifestazione di attenzione verso chi rappresenta il nostro futuro. Anche nelle operazioni di marketing i giovani erano considerati il segmento strategico dei consumi. Di tutto questo oggi non c’è più neanche l’ombra Il giovanilismo è scomparso perfino nei discorsi con cui i partiti chiedono i voti…. Segno dei tempi, almeno qui in Italia.
La popolazione invecchia, ci sono sempre più anziani e i fari sono puntati su quelle fasce di età che contano e che, sono sempre meno giovani. Un tragico errore.
La Gen Z e la Genz Alpha sono quelle che soffrono di più per questa mancanza di attenzione.
Stanno vivendo la fase calante degli anni d’oro dello sviluppo. Sono investite dai detriti del declino della crescita economica, dall’inverno demografico, dalle tempeste dei cambiamenti tecnologici che scombussolano le loro ipotesi di lavoro, dagli sconquassi della crisi del 2008, della pandemia e ora delle due guerre. Sono generazioni sempre più sole, con famiglie, scuole e istituzioni di riferimento in profonda crisi .E sono anche sempre più solitarie, chiuse nel tribalismo egocentrico indotto dai social .
Gran parte di questi giovani vive una doppia umiliazione: entra sempre più tardi nel circuito lavorativo ed è malpagata. Chi può fugge all’estero, gli altri sono costretti a rimanere qui. Dopo laurea e Master, comincia una sequenza interminabile di stage gratuiti , di tirocini pagati 800 euro al mese e forse dopo i 30 anni assunzioni sempre con stipendi da fame ,soprattutto per chi deve vivere in affitto in grandi città.
Questi giovani sono stati i grandi assenti della campagna elettorale europea. E pensare che si tratta di generazioni “native europee” e che nello sviluppo dell’Ue possono trovare speranze di crescita, occupazione e realizzazione professionale. Speriamo che vadano a votare e che non esprimano la loro insoddisfazione aderendo al partito del no voto che da maggioranza relativa potrebbe diventare maggioranza assoluta.