lunedì, 23 Dicembre, 2024
Economia

Da oggi gli italiani non lavorano più per il fisco

Scatta il ‘giorno di liberazione fiscale’

Nel corso del fine settimana appena trascorso gli italiani sono stati chiamati a lavorare per il fisco per l’ultima volta per il 2024. A partire da oggi, infatti, scatta il cosiddetto ‘giorno di liberazione fiscale’, una data simbolica calcolata dall’Ufficio Studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese Mestre Cgia, e che rappresenta il momento in cui, teoricamente, si smette di lavorare per pagare le tasse e si inizia a lavorare per soddisfare i propri bisogni. Quest’anno il gettito fiscale previsto è di 909,7 miliardi di euro, risorse indispensabili per il funzionamento delle infrastrutture e dei servizi pubblici come scuole, ospedali, trasporti e uffici pubblici, oltre che per il pagamento di pensioni e stipendi agli statali e ai dipendenti degli enti locali. In altre parole, si tratta di fondi che lo Stato raccoglie e investe per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Nonostante il ‘giorno di liberazione fiscale’ non rappresenti un principio assoluto, esso dimostra empiricamente il peso del carico fiscale sugli italiani. Quest’anno, il ‘tax freedom day’ arriva un giorno prima rispetto al 2023, grazie a una leggera contrazione della pressione fiscale dello 0,4%. Tuttavia, il carico fiscale continua a essere percepito come eccessivo.

Lo studio

Per determinare il ‘giorno di liberazione fiscale’ del 2024, l’associazione ha utilizzato una stima del Pil nazionale di 2.163 miliardi di euro, suddivisa per 366 giorni (considerando l’anno bisestile), ottenendo un dato medio giornaliero di 5,9 miliardi di euro. Le previsioni di gettito delle entrate e dei contributi sociali, che ammontano a 909,7 miliardi di euro, sono state rapportate al Pil giornaliero, determinando così il ‘giorno di liberazione fiscale’ il 3 giugno, dopo 154 giorni dall’inizio dell’anno.

È importante notare che per circa 2,8 milioni di ‘evasori’ presenti in Italia, secondo una stima dell’Istat del 2021, il ‘tax freedom day’ non ha alcun significato. Si tratta di lavoratori irregolari o parzialmente in regola che non pagano o versano solo una parte delle imposte e dei contributi previdenziali dovuti. Le regioni con il maggior numero di lavoratori irregolari in termini assoluti sono la Lombardia, il Lazio e la Campania, mentre in termini di tasso di irregolarità le regioni del Mezzogiorno come Calabria, Campania, Sicilia e Puglia sono le più colpite.

Nel 2024, la pressione fiscale è stimata al 42,1% del Pil, in diminuzione rispetto al 2023. Questo calo è attribuibile alla crescita del Pil nominale (+3,7%) che supera l’incremento del gettito fiscale (+2,6%). La crescita del gettito dipende da vari fattori, tra cui la crescita economica, l’aumento delle retribuzioni e dell’occupazione, e misure fiscali specifiche come la riduzione dell’Irpef e il ‘bonus mamme’.

Altri numeri

Storicamente, il 2005 è stato l’anno in cui il ‘giorno di liberazione fiscale’ è stato raggiunto più presto, il 23 maggio, con una pressione fiscale del 39%. Al contrario, nel 2013, con una pressione fiscale record del 43,4%, il ‘tax freedom day’ è arrivato l’8 giugno. A livello regionale, i contribuenti della Lombardia, del Lazio e dell’Emilia Romagna sono quelli che contribuiscono maggiormente in termini assoluti al gettito fiscale. A livello europeo, l’Italia si colloca tra i Paesi con la pressione fiscale più alta, superata solo da Francia, Belgio, Danimarca e Austria nel 2023.

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