Il settore pubblico è fortemente impattato dall’adozione dell’Intelligenza Artificiale. Dei circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici il 57% è “altamente esposto” alla IA, pari pressappoco a 1,8 milioni di lavoratori. Al contrario, il 28% è “moderatamente impattato” e il solo 15% subisce un’influenza “minima o nulla”. Tra coloro che sono altamente esposti, una significativa maggioranza beneficerà di un’integrazione dell’IA nella propria attività lavorativa, evidenziando una profonda sinergia tra competenze umane e capacità offerte dall’IA. Questi sono alcuni dei risultati della ricerca “L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego” presentata da FPA (società di servizi e consulenza specializzata in formazione e accompagnamento al cambiamento organizzativo e tecnologico delle pubbliche amministrazioni) al FORUM PA 2024, l’evento annuale di confronto tra i soggetti pubblici e privati dell’innovazione.
Integrazione o sostituzione
Questa indagine evidenzia come l’avvento dell’Intelligenza Artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione per la Pubblica Amministrazione. Il 57% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani sarà interessato da una forte interazione tra le mansioni svolte e quelle che gli algoritmi sono in grado di svolgere. Questa interazione potrà tradursi in un arricchimento delle attività grazie all’apporto dell’IA, oppure in una sostituzione dei lavoratori. Si tratta di ben 1,8 milioni di persone, in particolare dirigenti, ruoli direttivi, tecnici, ricercatori, insegnanti, legali, architetti, ingegneri, professionisti sanitari e assistenti amministrativi. Ovviamente, questo non è scontato né automatico: è necessario che le soluzioni degli algoritmi vengano utilizzati con consapevolezza e competenza. Invece, il 12% dei dipendenti altamente esposti ha una scarsa sinergia con la IA, mostrando un rischio concreto di essere sostituito. Il restante 8% (circa 154 mila) è in una zona ambigua tra potenziali sinergie e rischi di sostituzione.
L’impatto nei settori
Tra i lavoratori pubblici altamente esposti, gran parte (l’80%) potrebbe integrare l’Intelligenza Artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti: circa 1,5 milioni di lavoratori con ruoli di leadership e gestione come dirigenti scolastici, responsabili strategici e leader di progetti innovativi, esperti tecnici e professionisti, prefetti, magistrati e direttori generali, infatti, possono operare in modo complementare con le nuove tecnologie, se adeguatamente formati e con un’organizzazione abilitante. Ma c’è, come anzidetto, un 12% a rischio di sostituzione: sono vulnerabili ben 218mila dipendenti pubblici appartenenti alle professioni meno specializzate, caratterizzate da compiti ripetitivi e prevedibili che potrebbero essere facilmente svolti dall’Intelligenza Artificiale.
Le tre ondate
“L’intelligenza artificiale sta tracciando i confini di un nuovo modo di concepire il lavoro pubblico – afferma Gianni Dominici, amministratore delegato di FPA. L’impatto nella PA sarà forte sia in termini qualitativi che numerici ed è destinato via via ad intensificarsi con i progressi delle soluzioni IA. Le professioni ad alta specializzazione come i ruoli direttivi, i dirigenti e i professionisti hanno un forte potenziale di collaborazione, mentre quelle poco specializzate e routinarie sono vulnerabili alla sostituzione, suggerendo la necessità di una riconsiderazione dei ruoli e di una riqualificazione per mitigare gli effetti. La rivoluzione dell’IA rappresenta la ‘terza ondata’ di trasformazione per il settore pubblico degli ultimi 15 anni, dopo la spending review e la pandemia”. La prima ondata, “adottata dal 2007, che ha comportato una diminuzione dei dipendenti pubblici e un calo di investimenti in formazione”. La seconda, quella della pandemia, “che ha prodotto un’accelerazione dei processi di innovazione e digitalizzazione per garantire la continuità e l’accessibilità dei servizi pubblici, promuovendo un’inedita flessibilità lavorativa” evidenzia FPA.