lunedì, 23 Dicembre, 2024
Salute

“Melanoma da radiazioni solari: malattia professionale con obbligo di denuncia”

Sarebbe utile il reinserimento del melanoma cutaneo da radiazioni solari nell’elenco delle malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia. A sostenerlo è Patrizio Rossi, Sovrintendente Sanitario Centrale dell’INAIL in una recente ed interessantissima pubblicazione dell’Istituto Assicuratore da lui stesso curata insieme a Grazia Genga Mina “Il Melanoma cutaneo professionale da radiazioni solari: aspetti di interesse medico-legale e prevenzionali”.

Tale provvedimento consentirebbe sensibili vantaggi in termini di tutela assicurativa e di prevenzione nell’intento di correggere la stimata sotto-denuncia fino ad oggi registrata se si considera che in quattro anni i casi riconosciuti di origine professionale, sono stati poco più di 30.

Dal 2008 al 2014, il melanoma cutaneo da radiazioni solari è stato presente nella lista delle malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità (lista II). Con l’aggiornamento del 2014, il melanoma cutaneo da radiazioni solari non è più in tale elenco, né è mai stato inserito nella tabella delle malattie professionali; pertanto, attualmente per la neoplasia trattata nella pubblicazione non vige alcun obbligo di denuncia, né a fini statistico-epidemiologici né a fini assicurativi.

Si tenga presente che anche nell’ultima Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11) approvata dalla stessa OMS nel 2019, e vigente dal gennaio 2022, è stato introdotto un codice addizionale (non obbligatorio) relativo all’associazione tra melanoma cutaneo ed esposizione professionale “Melanoma della pelle non specioficato non associato ad Occupazione come fattore primario o occupazione come cofattore non legato al lavoro”.

Dopo aver riportato le nozioni fondamentali sul melanoma cutaneo nel testo INAIL, la trattazione si concentra sugli aspetti strettamente connessi alla medicina del lavoro quali la valutazione del danno da radiazioni UV solari per i lavoratori addetti a mansioni svolte all’aria aperta, gli effetti biologici attesi dall’esposizione a tale rischio e le misure di prevenzione e protezione da prevedere ai fini di un’adeguata prevenzione primaria.

Il presente contributo, ha precisato il Sovrintendente Rossi, in un tale panorama, vuole favorire programmi di ricerca attiva dei melanomi cutanei di origine professionale da parte dei dermatologi, dei medici di medicina generale e dei medici competenti e assicurarne la congrua denuncia.

Un obiettivo importante, ha aggiunto Rossi, è quello di incentivare l’adozione di misure di prevenzione e protezione – collettive e individuali – volte a contenere o annullare il rischio di sviluppare un melanoma cutaneo da radiazioni solari.

Nel disegno complessivo del testo emerge prioritario anche il miglioramento delle procedure di accertamento medico-legale in grado di valorizzare pure gli altri profili richiamati. Pertanto, è la stessa complessità dei quadri di melanoma cutaneo da radiazione solare che impone procedure di accertamento medico legale assai più approfondite e appropriate.

Sulla base delle rilevazioni e degli approfondimenti oggetto della presente monografia gli elementi utili al riconoscimento vanno distinti in criteri maggiori e minori. I primi devono essere necessariamente riscontrati, i secondi, invece, sono facoltativi e rafforzano il giudizio di melanoma di origine professionale.

Le misure organizzative che garantiscono un’efficace fotoprotezione prevedono l’organizzazione del lavoro che limiti il più possibile l’esposizione dei lavoratori al sole nelle ore centrali del giorno. Dalle ore 11 alle 15, oppure dalle 12 alle 16 con l’ora legale, si privilegino i compiti lavorativi che si svolgono all’interno, mentre i compiti che devono essere necessariamente eseguiti all’esterno sono calendarizzati in orari mattutini e serali. Laddove è possibile, è opportuno inoltre prevedere una turnazione degli addetti alle mansioni svolte all’esterno. Per quanto concerne le pause e la consumazione dei pasti, devono avvenire all’ombra e in luoghi riparati in assenza di superfici riflettenti.

Le misure di fotoprotezione individuale prevedono l’uso di appropriati indumenti, copricapi, occhiali, protettori solari con funzione di dispositivi di protezione individuale ai sensi del titolo III, capo II del d.lgs. 81/08. I copricapi devono essere a tesa larga e circolare con falde sufficiente ampie da coprire oltre che al capo, anche alle orecchie, naso e collo. I modelli “da legionario” sono ottimali, mentre quelli da baseball, con visiera frontale, non sono appropriati perché lasciano esposte le orecchie e il collo.

Il cappello deve essere in tessuto che non lascia passare gli UV e anche per i caschi protettivi utilizzati in edilizia sono disponibili sul mercato soluzioni con falde anteriori, posteriori e laterali che proteggono dall’esposizione solare.

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