Qualche settimana addietro ci siamo occupati – onde censurarla – di una prassi, ormai invalsa nella giustizia civile di Roma, secondo cui le udienze vere e proprie (quelle, per intenderci, ove si realizza un reale contraddittorio fra gli avvocati delle parti in lite) vengono sostituite con semplici scambi di note fra questi ultimi.
Spiegammo allora come un tal modo di curare lo svolgimento dei processi civili fosse perlomeno in contrasto con le norme europee che hanno da tempo imposto la pubblicità delle udienze.
Pensavamo di aver individuato in quei comportamenti il peggiore esempio di disfunzione che fossimo capaci di indicare, ma non abbiamo difficoltà ad ammettere di esserci sbagliati, perché c’è anche di peggio.
Nell’ultimo periodo, abbiamo infatti assistito ad un moltiplicarsi di avvisi – affissi sulle porte delle stanze d’ udienza, oltre che a Roma, pure nei principali Tribunali italiani – che informano avvocati e loro clienti che “L’udienza del Dott. X del giorno Y è rinviata, per improvviso impedimento del giudice, a data da destinarsi”.
Questo fenomeno, sempre più diffuso, ha implicazioni significative sulla funzionalità del sistema giudiziario e sul grado di protezione dei suoi utenti, portando a numerose conseguenze negative: esamineremo oggi le problematiche legate a tali rinvii e le possibili soluzioni per affrontare e questa situazione, non escludendo neanche il ricorso ad interventi di natura disciplinare.
Uno dei principali effetti negativi dei rinvii improvvisi è il ritardo nella chiusura dei procedimenti giudiziari sui quali intervengono, perchè ogni rinvio comporta uno slittamento delle udienze successive, prolungando i tempi – già di per sé fin troppo lunghi – per la risoluzione delle relative controversie e questo porta inevitabilmente ad un accumulo degli arretrati, aggravando ulteriormente i carichi di lavoro di ciascun tribunale.
Inoltre i rinvii comportano un aumento dei costi per le parti coinvolte nei relativi procedimenti: in particolare gli avvocati devono riorganizzare le loro agende e, spesso, riprogrammare viaggi e incontri già fissati con I clienti, i quali – da parte loro – debbono affrontare spese aggiuntive per l’utilizzazione di consulenze legali prolungate e, in alcuni casi, per ottenere nuovamente la presenza dei consulenti nell’ aula di udienza ove era stato repentinamente apposto il cartello che indicava il rinvio, generando così un notevole stress emotivo per le stesse parti coinvolte: l’incertezza riguardo alla data della prossima udienza e il protrarsi delle controversie avranno dunque un impatto negativo sull’ equilibrio psicologico o (perlomeno) sul benessere delle persone coinvolte.
Meno grave, ma altrettanto censurabile e invece il fenomeno del rinvio di un’udienza fissata da mesi comunicato – a pochi giorni dalla sua celebrazione – sul presupposto che sarebbe venuto a mancare, per il giudice, il tempo e lo spazio necessario a trattare la questione per risolvere la quale le parti attendono inutilmente il loro turno.
Ci sembra evidente come, ormai, anche la giustizia civile si stia avviando verso linee di rottura dei diritti del cittadino difficilmente recuperabili con gli ordinari strumenti dell’organizzazione amministrativa.
Si potrebbe rimediare ai fenomeni appena descritti attraverso una migliore pianificazione e gestione delle risorse umane nei Tribunali, così da ridurre l’obiettiva necessità di improvvisi (e improvvisati) rinvii, ma l’adozione di procedure di avviso preventivo (via email, o anche solo per SMS) potrebbe almeno essere introdotta per informare tempestivamente gli avvocati e le parti coinvolte in quei rinvii :evitando loro viaggi inutili e dispendiosi e il sistema di comunicazione potrebbe facilmente essere integrato con le piattaforme digitali già in uso nei tribunali per altri adempimenti : almeno quelli scaturiti dall’introduzione del processo telematico.
Tutto questo, però, dovrebbe essere anche accompagnato dalla previsione di adottare – da parte dei dirigenti degli uffici giudiziari -provvedimenti disciplinari per quei giudici che incorrano ripetutamente in rinvii delle proprie udienze senza giustificato motivo e il rischio di subire l’adozione di tali provvedimenti potrebbe perlomeno fungere da deterrente verso questi ultimi: simili misure potrebbero inizialmente includere richiami formali e, solo successivamente, sanzioni pecuniarie o altre misure (come la sospensione dal servizio o la perdita di anzianità), finalizzato a promuovere una maggiore responsabilità e diligenza nei confronti degli utenti del servizio-giustizia, oltre che a raggiungere una maggiore trasparenza nella individuazione delle cause di quei rinvii per aiutare questi i cittadini a non perdere fiducia nel sistema.
Fornire spiegazioni chiare e dettagliate sulle motivazioni dei rinvii potrebbe altresì attenuare la frustrazione degli utenti e non è casuale che – sia nel lavoro pubblico, che nel lavoro privato – coloro che vi sono addetti, indipendentemente dal grado e dalle funzioni, debbono sempre comunicare le ragioni dell’improvvisa interruzione dell’attività affidata alla cura di ciascuno.
Pur comprendendo come sia difficile – per chi è abituato ad operare al di fuori degli ordinari canoni di responsabilità che si applicherebbero a qualunque normale lavoratore – accettare di essere equiparato a ciascuno di questi ultimi; ma il principio costituzionale secondo cui tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge non dovrebbe tollerare eccezioni, salvo voler applicare, al principio secondo cui “la legge è uguale per tutti”, la regola orwelliana indicata ne “La fattoria degli animali” (London 1945) secondo cui cui tutti sarebbero uguali, ma alcuni di loro sarebbero più uguali degli altri!