giovedì, 19 Dicembre, 2024
Società

Istat: “L’Italia cresce. Ma la povertà assoluta aumenta”

‘Rapporto 2024’ sullo stato di salute della nazione

Un quadro che parla di un’Italia in crescita, ma con molti punti di ombra, quello delineato dal Presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli, il quale ieri, presso la Sala della regina di Palazzo Montecitorio, ha presentato il ‘Rapporto annuale 2024’ prodotto dall’Istituto di statistica. Aumenta l’occupazione, con un +2,4% rispetto al 2019, ma in 20 anni si sono persi 3 milioni di giovani, emigrati per cercare opportunità lavorative e di vita migliori. Cresce anche l’economia reale nel periodo che va dal 2019 al 2023, a un ritmo superiore persino di Germania, Francia e Spagna, ma la povertà assoluta sfiora quota 10%, ai livelli massimi negli ultimi 10 anni. “Nonostante la crescita economica” – ha spiegato il Presidente Chelli – “non si è riusciti a intaccare le disuguaglianze economiche che, anzi, si sono ampliate”. Le cause di questo gap si possono ritrovare, sempre secondo il Presidente, “nell’emergenza sanitaria e nell’inflazione”. In termini di economia reale, ha spiegato Chelli, il Pil pro capite solo nel 2023 ha raggiunto i livelli del 2007, mentre nel 2022 solo il Nord Italia ha eguagliato i livelli pre-crisi economica, mentre il Centro, il Sud e le Isole presentavano ancora uno svantaggio pari rispettivamente all’8,7%, al 7,3% e al 3,4%. Malgrado ciò “la distanza tra famiglie ‘benestanti’ e quelle più in ‘difficoltà’ si è ampliata, soprattutto nell’ultimo triennio” ha proseguito il Presidente dell’Istat.

A influire sul Pil nazionale, invece, per Chelli, è stata “la domanda interna, con un ruolo importante degli investimenti, e un contributo significativo, ancorché decrescente nel tempo, di quelli in costruzioni, su cui hanno certamente avuto un peso gli incentivi al comparto edilizio”.

Povertà assoluta

Analizzando più nel dettaglio il rapporto, per quanto riguarda la povertà assoluta, le percentuali toccano l’8,5% per le famiglie e il 9,8% per gli individui, mentre 10 anni fa erano rispettivamente al 6,2% e al 6,9%. Ciò fa sì che “2 milioni e 235 mila famiglie e 5 milioni e 752 mila individui vivono sotto la soglia di sussistenza”. Nello specifico dell’analisi sulla povertà assoluta, le famiglie più povere si trovano nel Mezzogiorno, con un 10,2%; un po’ meglio il Nord, all’8%; mentre il Centro si attesta come la zona con meno famiglie povere, con un 6,8%. Anche per quanto riguarda l’analisi degli individui, la situazione non cambia: l’incidenza individuale della povertà riguarda il 12,1% delle persone al Sud e sulle Isole; il 9,2% degli individui al Nord-Est; l’8,7% al Nord-Ovest e l’8% al Centro.

La misura che più di tutte ha permesso l’uscita dalla povertà secondo l’Istat, è stata il Reddito di Cittadinanza, che ha consentito a 1,3 milioni di famiglie, tra il 2020 e il 2022, di tirare un sospiro di sollievo, soprattutto sulle Isole e al Meridione.

Occupati vulnerabili

Per quanto riguarda il lavoro, i dati confermano una “quota molto elevata di occupati in condizione di vulnerabilità”. Questo ha fatto sì che, tra il 2013 e il 2023, il potere di acquisto delle retribuzioni lorde sia diminuito del 4,5%, a dispetto del resto d’Europa, dove le maggiori economie hanno visto una crescita generale, in particolare in Francia, con l’1,1% e in Germania, con un 5,7%. A pesare, anche su questo punto, l’aumento dell’inflazione. Sempre l’inflazione ha causato danni soprattutto ai ceti più bassi, con una riduzione del volume d’acquisto generale per chi vive con redditi minimi. L’aumento dei prezzi ha pesato su chi dispone di un basso potere economico, mentre i ceti più abbienti hanno contenuto le proprie perdite, ferme ad un 3,7%, rispetto a chi ha i redditi più bassi, dove si è registrato un abbassamento dei volumi d’acquisto pari all’8,8%.

Giovani ed emigrazione

Altra nota dolente descritta dal Presidente Chelli è quella che riguarda giovani ed emigrazione. Negli ultimi 10 anni la popolazione è calata in tutta Italia di oltre un milione di persone, con il Mezzogiorno a pagare lo scotto più alto. Se si considerano gli ultimi 20 anni, i giovani in meno, tra i 18 e i 34 anni, sono più di 3 milioni, con un saldo negativo del -22,9%. “Secondo le previsioni” – ha spiegato Chelli – “la tendenza sul lungo periodo vedrà aumentare lo spopolamento nelle aree meno economicamente attrattive del Paese”. Ciò si traduce, nell’esaminare il Rapporto, in una “diminuzione dei giovani e un aumento degli anziani” e infatti, tra il 1994 e il 2024, gli ultra 65enni sono passati da 9 milioni a oltre 14 milioni. Riguardo a questo punto, ha proseguito il Presidente, “l’aumento dell’accesso ai servizi può contrastare la denatalità”.

Ambito scolastico

Passando all’ambito scolastico, il Rapporto Istat 2024 dice che i laureati sono aumentati del 17% negli ultimi 20 anni, ma la media è ancora bassa rispetto al resto d’Europa: in Italia possiede un titolo terziario solo il 29,2% dei soggetti presi in esame tra i 25 e i 34 anni, mentre, nel resto dell’Ue, la media sale al 42%. L’occupazione dei laureati presenta ancora delle problematiche: secondo i dati diffusi dall’istituto di statistica e descritti da Chelli, il 34% di questi sono occupati in mansioni che non richiedono una laurea, risultando ‘sovra-istruiti’. La percentuale più alta si trova tra i laureati in materie socio-economiche e giuridiche (45,7%), molto meglio quelli dell’ambito Stem (27,6%). Per quanto riguarda i gradi di istruzione più bassi, c’è un deficit nella gestione dei servizi: il 16% degli edifici scolastici non è raggiunto dal trasporto pubblico.

L’ambito del digitale vede il 97,6% dei giovani tra i 16 e i 24 anni usare internet, con un raddoppio dell’utenza rispetto a vent’anni fa. Male invece le imprese: secondo i dati “il sistema produttivo italiano è ancora in ritardo rispetto alle altre maggiori economie dell’Ue nell’adozione delle tecnologie più complesse e nello sviluppo delle competenze Ict tra i lavoratori”.

Stili di vita

A proposito dello stile di vita, l’ultimo ventennio ha visto un calo dei fumatori, passati dal 29,1% al 23,7%. Stabile il consumo di alcol, con 7 adulti su 10 che dichiarano di consumarlo abitualmente. Anche l’eccesso di peso resta una problematica: più del 45% degli italiani si dichiara sovrappeso nel 2023, con una percentuale del 55% tra i maschi e del 34,9% tra le donne. Nonostante quest’ultimo dato, è aumentata la quota di persone che fanno sport, passate dal 29,4% del 2003 al 37,8% del 2023. Le aree che vedono la soddisfazione più alta degli italiani sono quelle della famiglia, con 9 individui soddisfatti su 10, mentre le aree con i livelli più bassi di soddisfazione sono quelle del tempo libero e della situazione economica, dove solo 6 italiani su 10 si dicono contenti.

A conclusione del suo discorso, Chelli ha rimarcato di come sia fondamentale, per contrastare la povertà, “intervenire sulle disuguaglianze di opportunità e di reddito: un maggior investimento nella formazione potrebbe, al contempo, ridurre il divario di genere e territoriale, e sostenere la crescita dell’economia e la sua produttività”.

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