Nessuno si mette nei panni del ministro Giorgetti. Che ha il compito ingrato di far quadrare i conti e di presentarsi in Europa e sui mercati con le carte in regola per evitare gli schiaffoni che lascerebbero i lividi non su di lui ma sull’intero Governo e soprattutto sui cittadini italiani che sono i “pagatori di ultima istanza”.
Il ministro le sta provando tutte per arginare le devastazioni, modello Vajont, dovute al dilagare dei conti dei bonus edilizi, che hanno superato l’ammontare dell’intero Pnrr. Ma chi lo critica, più o meno in buona fede, non propone rimedi alternativi.
Dopo essere stato costretto a non scrivere cifre a vanvera nel Def, in assenza di dati certi che prima di giugno non saranno disponibili. Giorgetti ha alzato l’ultima trincea disperata per spalmare in 10 anni i crediti fiscali dei bonus edilizi. Apriti cielo. L’accusa è che il provvedimento sarebbe retroattivo e questo sarebbe in contrasto con la Costituzione. Giorgetti non è d’accordo e va dritto per la sua strada. Ha ceduto sulla sugar tax, che entrerà in vigore l’anno venturo e questo farà mancare 72 milioni nei conti 2024. Ma sullo spalma-crediti non può cedere. Anche perché nessuno gli ha spiegato come potrebbe coprire i buchi derivanti da una marcia indietro. Un compromesso nella maggioranza si dovrà trovare ma non spetta al ministro fare controproposte praticabili. In questo scenario si sono inserite le opposizioni che sperano di far leva sui contrasti nel destra-centro per cavalcare una tematica che è di dubbia rilevanza elettorale.
Stupisce, ma fino ad un certo punto, che il Pd su questo tema continui a tenere bordone al M5S che ovviamente si è intestato la paternità del Superbonus. I beneficiari di questo salasso colossale per lo Stato sono un’esigua minoranza tra l’altro non proprio di famiglie indigenti. Il Pd sostiene che vuole difendere le imprese che sarebbero colpite dallo spalma-crediti. Ma dei conti dello Stato non sembra importare molto da quelle parti. Tanto, alla fine , chi paga?