In 15 anni l’Italia ha speso in modo “irregolare” 378 milioni di euro dei fondi Pac europei e soltanto poco più della metà sono stati recuperati. Dal 2007 al 2022 secondo la Corte dei Conti dell’Unione europea solo il 56% di questi fondi sono stati restituiti. Ma se si alza lo sguardo a tutta l’Europa l’irregolarità arriva a cifre miliardarie. Un iter lungo in tutta Europa che la Corte stima in 14-23 mesi solo per emettere una richiesta di restituzione, più ulteriori 3-5 mesi prima di recuperare i fondi. Tanto che tra l’1% e l’8% delle somme da recuperare semplicemente si rinuncia. Secondo i revisori di Lussemburgo dal 2014 al 2022 sono stati segnalate spese irregolari per 14 miliardi di euro nell’Ue in tutti i settori d’intervento e il recupero dei fondi “è sempre più urgente” sia per non tradire la fiducia dei cittadini sia perché le stime sono in aumento.
Agricoltura: recuperi più bassi
Tra il 2021 e il 2022 il tasso di fondi indebitamente spesi è salito dal 3% al 4,2%. La Corte ricorda che le risorse destinate all’agricoltura sono quelle in cui i tassi di recupero sono più bassi, principalmente perché gestiti in modo concorrente tra Stati e Ue. Nella relazione, i revisori di Lussemburgo raccomandano di ridurre non solo i tempi per accertare le spese irregolari, ma anche di avvio delle procedure di recupero, cercando di esaminare l’incidenza finanziaria delle spese irregolari sistematiche. Il Fondo europeo agricolo di garanzia è parte della Politica agricola comune e finanzia principalmente il sostegno al reddito degli agricoltori e le misure di mercato.
Alte percentuali di rinunce
Insomma l’Europa fa fatica a recuperare le risorse che ha erogato indebitamente. Da soli, quelli elargiti a fronte di misure che tutelano clima e ambiente rappresentano il 25% dell’intera Pac, cioè quasi 100 miliardi di euro, pari a più dell’8% dell’intero budget dell’Ue. Per il Feaga, uno dei due fondi in cui si articola la Pac, “l’importo complessivo di spese irregolari rilevate nel periodo 2007-2022 era di 2,4 miliardi di euro”, spiega l’auditor UE, specificando che “a fine 2022, il 52% di detto importo era stato recuperato, mentre il rimanente 48% era stato oggetto di rinuncia (9%) o era ancora dovuto (39%)”. Per l’altro fondo, il Feasr, le stime – pur in assenza di dati certi per l’intero periodo monitorato – arrivano a un tasso di recupero del 78%.
Italia nella media
Tra i paesi europei, poi, ci sono i furbi e i meno furbi perché le differenze sembrano “sostanziali.” L’Italia è più o meno in linea con la media europea, con un tasso di recupero del 56% e il 10% di cancellazioni, cioè denaro di cui lo stato non cerca più di rientrare in possesso. La Francia si ferma, rispettivamente, a tassi del 42 e del 4%, mentre la Spagna da un lato recupera più denaro (il 72%) ma dall’altro ne “dimentica” più dell’Italia (il 14%). Maglia nera tra i big per la Polonia, che recupera appena il 17% dei fondi irregolari. Spiccano poi Danimarca, Ungheria e Olanda per gli altissimi tassi di cancellazione, compresi tra il 34 e il 48%.