Uno degli argomenti più riportati e dibattuti nella comunicazione della settimana ha avuto per oggetto l’inquinamento del Nord Italia. Di Milano, in particolare, che risulterebbe essere la terza città più inquinata del mondo, nonostante il negazionismo sull’argomento del Sindaco Sala. Ma anche della Pianura Padana, al centro di un grafico animato sulla qualità dell’aria, davvero impressionante.
Non mi dilungherò sui dati scientifici, limitandomi a riportare la classifica di Legambiente (comunicato stampa 8 febbraio) sul “Mal d’Aria” in Italia: «Il report ha analizzato i dati del 2023 nei capoluoghi di provincia, sia per quanto riguarda i livelli delle polveri sottili (PM10, PM2.5) che del biossido di azoto (NO2). In sintesi, 18 città sulle 98 monitorate, hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo). Erano state 29 le città fuorilegge nel 2022 e 31 nel 2021. In testa alla classifica delle città c’è Frosinone (con la centralina di Frosinone Scalo) con 70 giorni di sforamento, il doppio rispetto ai valori ammessi, seguita da Torino (Grassi) con 66, Treviso (strada S. Agnese) 63 e Mantova (via Ariosto), Padova (Arcella) e Venezia (via Beccaria) con 62. Anche le tre città venete, Rovigo (Centro), Verona (B.go Milano), e Vicenza (Ferrovieri), superano i 50 giorni, rispettivamente 55, 55 e 53. Milano (Senato) registra 49 giorni, Asti (Baussano) 47, Cremona (P.zza Cadorna) 46, Lodi (V.le Vignati) 43, Brescia (Villaggio Sereno) e Monza (via Machiavelli) 40. Chiudono la lista Alessandria (D’Annunzio) con 39, Napoli (Ospedale Pellegrini) e Ferrara (Isonzo) con 36».
A parte l’anomalia di Frosinone Scalo – praticamente l’area industriale di Roma – al Meridione compare soltanto Napoli, con la centralina dell’Ospedale dei Pellegrini, al margine degli stretti vicoli dei quartieri Spagnoli e della Stazione di Montesanto.
Dati che sarebbero molto più preoccupanti per il Nord Italia, se si misurassero anche altre fonti di inquinamento.
Non è un mistero, con riguardo all’agricoltura, che i terreni oggetto di coltivazioni industriali risultino molto più inquinati, rispetto a sfruttamenti meno intensi: specie con riferimento alla seconda metà del secolo passato, dove v’è stato in agricoltura un trionfo di pesticidi e sostanze chimiche.
Al Sud ciò non è accaduto. Senza meriti, direi. I latifondisti hanno abbandonato la campagna, senza fare investimenti. I piccoli contadini hanno faticosamente lavorato il loro podere o la poca terra concessa, con pochi mezzi e, per povertà, non per scelta, senza inquinanti.
Insomma, il Settentrione, i nordici, pagano la loro maggiore ricchezza (in danari) con un inquinamento ben più consistente di quello del Meridione, dei sudici. Da sudicio quale sono mi sorge spontanea una riflessione sulla reale ricchezza del Meridione, che non è misurabile – mi perdonerà mio figlio economista – né con il PIL, né con il reddito pro-capite. Con questi dati non c’è storia, vince il Nord per 9 a 1, avendo cavallerescamente consentito al Sud il gol della bandiera; se no era 10 a zero secco.
Vince il Sud perché non c’è paragone nella qualità della vita: al Sud si vive meglio e con meno, soprattutto se si rimane meridionali, evitando di adottare modelli che non sono propri. Per onestà devo aggiungere: se si è sani, perché altrimenti è tutto un rincorrere il medico paesano che, però, fa il Primario da Roma in su, alla Sapienza, alla Cattolica, al San Raffaele, al Gaslini; ma anche se non si ha bisogno del sostegno della pubblica amministrazione, perché altrimenti si torna al Medio Evo, quando le istanze – legittime in democrazia perché con esse si rivendica un diritto – erano “suppliche”, rimesse alla magnanimità di chi aveva il potere di decidere.
Sono, quindi, un “sudicio” che non nasconde i propri difetti.
Credo che il Meridione debba partire da questa ricchezza, da un ambiente meno inquinato che altrove.
Occorre una forte azione politica, magari capace di fare diventare un’opportunità la criticabile autonomia differenziata (la cui introduzione, ne sono sicuro, è stata proclamata in dialetto bergamasco; così come Cavour annunciò in francese al Parlamento Piemontese la nascita dello Stato Italiano: «Le Royaume d’Italie est aujourd’hui un fait. Le Roi, notre auguste Souverain, prend lui-meme et pour ses succeseurs le titre de Roi d’Italie. Vive l’Italie!» citazione da Pino Aprile da Libre, 11 novembre 2019).
Ma occorre soprattutto una forte presa di coscienza individuale ed un contributo di ciascuna persona meridionale: che dovrà capire che lo sviluppo della nostra bella, bellissima terra, sarà solamente la somma di tutte le evoluzioni individuali e l’espressione di una volontà che la mia generazione non ha saputo esprimere.
Sarò un vecchio sognatore: ma negli occhi dei giovani studenti “sudici” vedo una luce diversa.