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Polvere di Stellantis

sabato, 3 Febbraio 2024
1 minuto di lettura

“Ciò che va bene per la Fiat va bene per l’Italia”. Gianni Agnelli smentì di averlo detto e precisò: “Ciò che è male per Torino è male per l’Italia”.
Questo parallelismo nel caso di Stellantis non sarebbe proponibile. Ciò che è male per l’Italia non necessariamente farebbe male a Stellantis.

Il destino della Fiat

La Fiat fu l’azienda privata principale dell’Italia del dopoguerra. Lo Stato non negò mai alcun supporto alla casa automobilistica anche quando aiuti e incentivi erano palesemente utilizzati da Corso Marconi non per diventare efficiente e competitiva ma per proteggersi dalla concorrenza straniera che finì per travolgerla.
Marchionne, che non la mandava a dire, sosteneva che per la Fiat era difficile investire in Italia. Ma con la sua genialità riuscì nel miracolo: salvando la Chrysler la fuse con la Fiat togliendo dal pantano l’azienda torinese e rilanciando l’auto in Italia. Dopo la sua prematura morte, la proprietà ha deciso di ridimensionare drasticamente il suo impegno del settore auto.

Stellantis parla italiano?

E così oggi Stellantis parla solo francese. L’Italia è marginale nella strategia del gruppo, al punto che la produzione si è quasi dimezzata e fabbriche storiche rischiano la chiusura. Nel silenzio generale dei governi precedenti che hanno assistito inermi alla tragedia.
Ora Tavares, un manager di talento che non ha motivi particolari per preoccuparsi dell’Italia pone un ultimatum: o incentivi del governo per le auto elettriche o niente investimenti nel Bel Paese. Un pugno nello stomaco a tutti, a cominciare dai sindacati che negli ultimi tempi non avevano granché contrastato le mosse di Stellantis.

La nazionalizzazione mancata

Ora tutti improvvisamente si svegliano e c’è chi chiede a Meloni di tirar fuori fior fior di miliardi per entrare nel capitale di Stellantis e pareggiare il peso del governo di Parigi. Soldi difficili da trovare per un governo che privatizza alcuni gioielli di famiglia per fare cassa e deve ancora decidere se nazionalizzare l’ex Ilva.
A ben pensarci, la Fiat poteva e doveva essere nazionalizzata nel corso degli anni Settanta e Ottanta, trasformando aiuti e incentivi in partecipazione azionaria dello Stato. Forse a quest’ora avremmo ancora un ‘industria automobilistica.

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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