Gli Stati Uniti sempre in prima fila nella crisi mediorientale: hanno deciso la risposta agli attacchi iraniani che “avverrà su più livelli”, ha detto il Segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, annunciando che gli Usa non lasceranno la Siria e confermando che “l’Iran sponsorizza questi gruppi e li finanzia.” L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che porta aiuti ai palestinesi, ha avvisato che in mancanza di finanziamenti sarà costretta a fermare le sue attività entro febbraio e gli Houthi hanno nuovamente attaccato un mercantile americano nel mar rosso, mentre in un messaggio video il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che “Israele non accetterà un accordo sugli ostaggi a ogni costo”. “Stiamo lavorando per ottenere un altro accordo per liberare i nostri prigionieri, ma sottolineo non ad ogni costo.” “Abbiamo delle linee rosse – ha continuato – tra cui: non porremo fine alla guerra, non ritireremo l’Idf dalla Striscia, non rilasceremo migliaia di terroristi.” Gli Stati uniti però “premono per un cessate il fuoco che possa fermare abbastanza a lungo la guerra a Gaza in modo da porre in stallo lo slancio israeliano e potenzialmente porre le basi per una tregua più durevole”. Almeno questo è quanto scrive il Wall Street Journal che avrebbe letto una bozza di accordo che viene esaminato al Cairo, dove si trova anche il leader di Hamas, Yahya Sinwar.
Possibile accordo
L’accordo in tre fasi, messo a punto a Parigi dai diplomatici di Stati Uniti, Egitto e Qatar e l’intelligence di Israele, prevede un cessate il fuoco di sei settimane nel quale l’esercito israeliano cesserà le operazioni, compresa la sorveglianza con i droni. In una prima fase verranno liberati gli ostaggi civili e i civili palestinesi potranno muoversi liberamente nella Striscia. Il rilascio delle donne soldato è previsto nella seconda fase, insieme alla riapertura di ospedali, servizi idrici e panetterie. Hamas chiede la scarcerazione di 150 detenuti palestinesi per ogni donna soldato, una richiesta che rappresenta uno dei punti di frizione della trattativa.
La terza fase prevede il rilascio dei soldati uomini e la restituzione delle salme degli ostaggi morti. Intanto ieri le autorità israeliane hanno rilasciato 114 detenuti palestinesi, tra cui quattro donne. Secondo fonti americane l’Amministrazione Biden starebbe collegando la possibile normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita alla creazione di un percorso per l’istituzione di uno Stato palestinese come parte della sua strategia postbellica. Questa iniziativa si basa sugli sforzi fatti prima del 7 ottobre per negoziare un accordo con l’Arabia Saudita che includesse la pace tra il regno e Israele. Intanto ieri la Corte federale della California settentrionale ha stabilito che la campagna militare israeliana nella Striscia di Gaza costituisce “in modo plausibile” un genocidio, ma ha respinto la richiesta di fermare il sostegno militare americano ad Israele in quanto fuori dalla propria giurisdizione.
Famigliari ostaggi bloccano valichi
Ai valichi tra la Striscia e l’Egitto attivisti per i diritti degli ostaggi israeliani continuano a impedire ai camion di partire dal porto di Ashdod per portare aiuti a Gaza. Dopo che l’Idf ha designato le aree dei valichi di frontiera di Kerem Shalom e Nitzana come zone militari chiuse per prevenire ulteriori disagi decine di manifestanti stanno bloccando da giorni l’uscita dei camion con gli aiuti dal porto israeliano da cui i camion partono per raggiungere gli stessi valichi di frontiera. Gli attivisti chiedono che gli aiuti umanitari a Gaza siano subordinati al rilascio dei 136 ostaggi da parte del gruppo terroristico di Hamas.
Unrwa è “Hamas con il lifting”
Quanto all’Unrwa, il premier israeliano ha dichiarato che l’Agenzia “è stata totalmente infiltrata da Hamas”. Netanyahu, incontrando a Gerusalemme gli ambasciatori dell’Onu, ha chiesto “altre agenzie delle Nazioni Unite o altre organizzazioni umanitarie.” La portavoce dell’Unrwa Juliette Touma ha ribadito che la mancanza di fondi potrebbe portare all’interruzione delle operazioni dell’Agenzia in tutto il Medio Oriente, non solo a Gaza. L’Unrwa è stata accusata da Israele per il presunto coinvolgimento di 13 suoi dipendenti nell’attacco del 7 ottobre, che ha portato alla sospensione dei suoi finanziamenti da parte di alcuni Paesi donatori.
Per il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, l’Unrwa “è Hamas con il lifting” e ha “perso la sua legittimità a esistere nella sua forma attuale.” Mentre il Segretario generale delle Nazioni Uniti, Antonio Guterres insiste perché venga garantito il futuro dell’organizzazione così come l’Unione Europea, attraverso l’Alto Rappresentante Josep Borrell ha detto che l’agenzia “non può smettere di lavorare, altrimenti centinaia di migliaia di persone moriranno.” Dichiarazione alla quale ha risposto il capogruppo di Forza Italia al Parlamento Europeo, Fulvio Martusciello, che ha invitato Borrell ad essere “più cauto nelle sue improvvide dichiarazioni”.
L’impegno degli Usa
Ieri si è fatto sentire anche lo Yemen, dopo l’ennesimo attacco a una nave mercantile americana, che ha esortato la Ue ad aumentare la pressione sugli Houthi per i loro attacchi alle navi nel Mar Rosso. “Colpire semplicemente gli Houthi non basterà. Abbiamo bisogno di soluzioni a medio e lungo termine”, ha affermato Ahmed Awad bin Mubarak, ministro degli Esteri del governo yemenita con sede ad Aden, sostenuto dall’Arabia Saudita. “L’Europa ha l’approccio sbagliato – ha aggiunto – deve esercitare maggiore pressione sugli Houthi, ad esempio designandoli come gruppo terroristico.” L’esercito statunitense ieri ha nuovamente condotto attacchi nello Yemen contro 10 droni e una stazione di controllo a terra appartenenti ai ribelli Houthi sostenuti dall’Iran, e secondo quanto riferisce la Bbc, gli Stati Uniti hanno approvato un piano per colpire obiettivi iraniani in Siria e Iraq in risposta all’attacco che ha ucciso tre soldati e ferito una quarantina. Ieri pomeriggio, invece, in Turchia, un uomo, sostenendo di agire “per Gaza”, ha preso in ostaggio diversi dipendenti in una fabbrica del gruppo americano Procter & Gamble (P&G) situata alla periferia di Istanbul. Sul posto sono state inviate forze operative speciali e personale medico.