lunedì, 16 Dicembre, 2024
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È morto a 89 anni N. Scott Momaday, il primo nativo americano a vincere il Premio Pulitzer per la narrativa

N. Scott Momaday, narratore, poeta, educatore e folclorista vincitore del Premio Pulitzer, è deceduto all’età di 89 anni. La sua morte è stata annunciata dalla casa editrice HarperCollins. “Momaday è stato una figura straordinaria nella letteratura americana, e lavorare con lui è stato un onore e un privilegio – ha dichiarato la direttrice Jennifer Civiletto -. La sua eredità Kiowa è stata di grande importanza per lui, e ha dedicato gran parte della sua vita a celebrare e preservare la cultura dei nativi americani, in particolare la tradizione orale”. Il suo romanzo d’esordio, “House Made of Dawn”, pubblicato nel 1968, è considerato un punto di partenza fondamentale per la letteratura nativa americana contemporanea. La storia del libro ruota attorno a un soldato reduce della Seconda Guerra Mondiale che fatica a reintegrarsi nella sua comunità nativa nel New Mexico. Basato in parte sull’infanzia di Momaday a Jemez Pueblo, il romanzo esplora i conflitti tra le tradizioni dei suoi antenati e le sfide del mondo esterno. Nonostante la mancanza di riconoscimento per la letteratura degli indiani d’America all’epoca, il libro di Momaday è stato acclamato dalla critica per la sua eccellenza. Come il romanzo ‘Catch-22’ di Joseph Heller, il libro di Momaday era la storia di una generazione che protestava contro la guerra del Vietnam. Nel 1969, Momaday divenne il primo nativo americano a vincere il premio Pulitzer e il suo romanzo contribuì a lanciare una generazione di autori, tra cui Leslie Marmon Silko, James Welch e Louise Erdrich. I suoi fans spaziavano dalla poetessa Joy Harjo, la prima nativa del paese ad essere nominata poeta laureato, alle star del cinema Robert Redford e Jeff Bridges. Negli anni successivi insegnò presso università di prestigio come Stanford, Princeton e Columbia. Fu commentatore per la NPR e tenne conferenze in tutto il mondo. Ha pubblicato più di una dozzina di libri, da ‘Angle of Geese and Other Poems’ ai romanzi ‘The Way to Rainy Mountain’ e ‘The Ancient Child’, diventando uno dei principali sostenitori della bellezza e della vitalità della vita tradizionale dei nativi.

Rispetto per la natura

Parlando a un incontro di studiosi nativi americani nel 1970, Momaday disse: “La nostra stessa esistenza consiste nella nostra immaginazione di noi stessi”. Ha sostenuto il rispetto dei nativi per la natura, scrivendo che “gli indiani d’America hanno un investimento unico nel paesaggio americano”. Ha condiviso storie raccontategli dai suoi genitori e nonni. Considerava la cultura orale come la fonte del linguaggio e della narrazione, e faceva risalire la cultura americana non solo ai primi coloni inglesi, ma anche a tempi antichi, notando la processione degli dei raffigurata nell’arte rupestre del Barrier Canyon nello Utah. Nel saggio “The Native Voice in American Literature”, è stato scritto: “Non conosciamo il loro significato, ma sappiamo che siamo coinvolti in esso. (…) Persistono nel tempo nell’immaginazione e non possiamo dubitare che siano intrisi dell’essenza stessa del linguaggio, il linguaggio della storia, del mito e del canto primordiale. Hanno circa 2.000 anni e testimoniano più fedelmente di qualsiasi altra cosa l’origine della letteratura americana”.

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Paolo Fruncillo

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