Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio economico di Unioncamere Sicilia rispetto al 2022, migliora il quadro del sistema imprenditoriale della Regione. “I dati mostrano un assestamento dopo la crisi pandemica, con un aumento evidente di imprese solo nei settori innovativi che, però, riducono il personale, mentre in altri settori, a fronte di una maggiore chiusura di aziende, si rafforza il ricorso a nuova occupazione, e questo accade soprattutto in agricoltura, commercio e turismo, settori fortemente sostenuti e incentivati dalle politiche dei Governi nazionale e regionale. Invece le costruzioni, a seguito del blocco del ‘Superbonus 110%, hanno rinunciato ad una forte quota di manodopera. Questo significa che il tessuto imprenditoriale siciliano sta imboccando concretamente la strada verso la sostenibilità economica della transizione”, spiega Pino Pace, presidente di Unioncamere Sicilia.
I dati
Nel 2023 il numero di imprese in Sicilia è cresciuto di 2.488 unità (saldo fra 20.571 nuove iscrizioni e 18.083 cessazioni, +0,52%), con Catania in testa (+875), seguita da Palermo (+836) e Ragusa (+411), ultima Enna, unica in negativo, a -24. Ma gli unici settori a registrare un saldo positivo sono quelli delle imprese innovative non classificate (+8.367), e delle costruzioni (+28, che però viene dal +327 del 2022 “drogato” dal Superbonus), che compensano il calo di imprese di tutti gli altri settori, con segni più evidenti di cessazioni di imprese in agricoltura (-1.291), industria (-620), commercio (-2.755) e alloggi e ristorazione (-641). Aumentano, invece, di 12.678 unità e in quasi tutti i settori, gli addetti (da 1.175.579 a 1.188.257): In particolare, agricoltura (+1.520), commercio (+4.185) e turismo nel suo complesso (+7.577), mentre perdono occupati l’industria (-254) e le imprese innovative (-2.270) e crollano le costruzioni (-3.547). Sul fronte della bilancia commerciale della Sicilia, a dati provvisori, nello scorso anno il saldo è negativo per circa 343 milioni di euro. Infatti. le attività economiche siciliane hanno importato più merci per un valore di 5 miliardi e 645 milioni (+260 milioni), ma hanno venduto di meno all’estero, pari a 3 miliardi e 644 milioni (-603 milioni).