I cambiamenti climatici avanzano e i suoi effetti cominciano ad abbattersi come un ennesimo campanello d’allarme anche sulla nostra Penisola. Il caldo anomalo di inizio inverno è preoccupante e il rischio siccità soprattutto sull’Italia centro-meridionale è sempre più tangibile. Proprio in questa area della Penisola stanno emergendo i primi sintomi di stress idrico che, accompagnati dalla scarsità di neve in diversi settori dell’arco alpino e su gran parte della dorsale appenninica, fanno destare forti preoccupazioni. È quanto rivelato dal monitoraggio della Coldiretti sugli effetti dell’andamento climatico segnato da alte temperature e scarsità di precipitazioni. La situazione è difficile in tutto il Paese, nonostante gli effetti dei cambiamenti climatici si fanno sentire per ora maggiormente nella parte meridionale del Paese, a partire dalla Sicilia dove le precipitazioni, sono state le più scarse da oltre cento anni nel secondo semestre dell’anno secondo il Servizio informativo agrometeorologico regionale. Gli effetti si fanno sentire soprattutto nelle colture con le arance che, precisa la Coldiretti, sono più piccole e con gli ortaggi che mostrano segni di sofferenza mentre salgono i costi per acquistare il fieno per alimentare gli animali.
Servono investimenti
“L’agricoltura italiana è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici. ma è anche il settore più impegnato per contrastarli. Un obiettivo che richiede un impegno delle istituzioni per accompagnare innovazione dall’agricoltura 4.0 con droni, robot e satelliti fino alla nuova genetica green no ogm. Servono investimenti per la manutenzione, risparmio, recupero e regimazione delle acque con un sistema diffuso di piccoli invasi che possano raccogliere l’acqua in eccesso per poi distribuirla nel momento del bisogno”, sostiene Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti.
Perdita dei raccolti
C’è un diffuso allarmismo anche tra gli agricoltori siciliani per un andamento climatico davvero preoccupante che potrebbe non lasciare scampo soprattutto in termini economici. Le dighe sono quasi all’asciutto mentre i torrenti hanno ridotto a qualche rivolo le loro portate. Il caldo anomalo di inizio inverno sconvolge la natura e rischia addirittura di far ripartire le fioriture con il pericolo di esporre le coltivazioni ai danni di un prevedibile forte abbassamento delle temperature e la perdita dei raccolti. Se non arriva il freddo, inoltre, le popolazioni di insetti che causano danni alle colture potrebbero sopravvivere e svernare per attaccare i raccolti nella prossima primavera. Dopo un autunno climatologico che si è classificato in Italia come il più caldo mai registrato dal 1800 con una temperatura superiore di 2,1 gradi la media storica sta seguendo un andamento climatico davvero preoccupante.
Sei miliardi di danni
Il pianeta in sofferenza crea un danno per l’agricoltura anche in alta quota con la mancanza di neve che impedisce di creare le scorte idriche necessarie alle produzioni. Le premesse climatiche per questo nuovo anno non sembrano dunque delle più rosee, dopo un 2023 bollente ma segnato in Italia anche da una media di 9 eventi estremi al giorno con oltre 6 miliardi di danni all’agricoltura nazionale tra coltivazioni e infrastrutture con grandinate, trombe d’aria, bombe d’acqua, ondate di calore e tempeste di vento. In realtà siamo di fronte negli ultimi anni, sottolinea la Coldiretti, ad una evidente tropicalizzazione del clima con una elevata frequenza di fenomeni meteorologici estremi sempre più violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal caldo al maltempo con effetti devastanti. Non è un caso che il 2023 si appresta ad essere classificato ai vertici della classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli che si concentra in Italia, peraltro, nell’ultimo decennio e comprende fino ad ora nell’ordine secondo l’analisi della Coldiretti il 2022 il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020.